Il nostro pianeta si affaccia al 2014 con sempre meno ossigeno e meno risorse per la sopravvivenza dei suoi abitanti. Il 2013 è stato infatti l’anno in cui le emissioni globali di biossido di carbonio, derivate dall’uso di combustibili fossili (come petrolio e carbone), hanno raggiunto un livello record, pari a 36 miliardi di tonnellate. La recente Conferenza sul clima di Varsavia si è inoltre conclusa con un nulla di fatto. Non a caso il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha nominato negli ultimi giorni due inviati speciali (l’ex presidente del Ghana, John Kufuor, e l’ex primo ministro della Norvegia, Jens Stoltenberg) per garantire il successo del prossimo vertice sul clima del settembre 2014.

Sul fronte del clima il 2013 non ha risparmiato nulla alla popolazione del pianeta: il tifone Haiyan ha mietuto seimila vittime nelle Filippine, nel mese di novembre. Gli sfollati nelle regioni colpite sono milioni e, secondo il presidente filippino Benigno Aquino, il disastro del tifone costerà al paese 360 miliardi di pesos (circa 8 miliardi di dollari). Anche su questo fronte Ban Ki-moon è dovuto intervenire prima di Natale per chiedere alla comunità internazionale di fare di più per Manila: promettendo di rafforzare il sostegno dell’Onu alle Filippine, Ban Ki-moon ha spiegato che le Nazioni Unite e i suoi partner hanno lanciato un piano di risposta strategica di un anno per circa 800 milioni di dollari. Per finanziarlo manca però il 70 per cento dei fondi, motivo per il quale Ban Ki-moon ha fatto il suo appello alla comunità internazionale.

Anche per la sicurezza alimentare dei paesi in via di sviluppo gli ultimi dodici mesi sono stati difficili. Secondo dati delle Nazioni Unite, circa un terzo di tutti i prodotti alimentari destinati al consumo umano sono stati gettati o sprecati, per un totale di 1,3 miliardi di tonnellate, una quantità sufficiente per sfamare due miliardi di persone. Lo spreco alimentare, per quanto possa sembrare un fenomeno tipico dei paesi industrializzati, è invece una piaga che ha effetti devastanti soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Solo nell’Africa sub-sahariana nel 2011 sono state sprecate tonnellate di grano e sementi per un valore di 4 miliardi di dollari.

L’Organizzazione dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad) e il Programma alimentare mondiale (Pam) hanno lanciato un progetto comune contro lo spreco di cibo finanziato dalla Svizzera. Le tre agenzie delle Nazioni Unite lavoreranno insieme per il contrasto allo spreco alimentare nei paesi in via di sviluppo. In particolare il progetto sarà focalizzato sulla riduzione delle perdite di cereali e legumi, alimento base per miliardi di persone.

Insomma, nonostante tutto, la lotta internazionale per un mondo più verde e più accogliente per i suoi abitanti non si ferma. Dalle agenzie dell’Onu alle Ong come Greenpeace e Wwf, non mancano i paladini dell’ambiente pronti a intervenire per rendere migliore il nostro Pianeta. E i risultati ci sono. Basti pensare allo sviluppo dell’energia rinnovabile: un rapporto pubblicato nel 2013 dall’Agenzia internazionale per l’energia (Medium-Term Renewable Energy Market Report), afferma che entro il 2016, a livello globale, le rinnovabili supereranno il gas e il nucleare, diventando la seconda fonte di energia elettrica dopo il carbone. Per il 2018 si prevede un aumento dell’energia pulita del 40% rispetto ad oggi e questo anche grazie alle scelte sapienti di alcuni governi che hanno deciso di puntare sull’eolico e il solare. Come ha spiegato Maria van der Hoeven, direttrice dell’Iea, durante la presentazione del rapporto sulle rinnovabili il 7 luglio scorso, “con la volontà politica” il mondo si può cambiare.

Per quel che riguarda l’Italia, al di là delle ormai consolidate e deleterie piaghe causate dall’inquinamento più noto e apparentemente diffuso, la situazione ambientale e climatica nostrana ha ampliato, nel corso dell’anno che sta per concludersi, il suo ventaglio di falle e picchi d’allerta. Non parliamo dello smog di Pechino e Shangai o della deforestazione dei polmoni verdi. Parliamo di disastri che lavorano silenziosamente sotto gli occhi inconsapevoli del Paese, alcuni dei quali, più che ignari, possono addirittura essere definiti ignavi. È stata proprio l’ignavia ad alimentare la bomba mediatica ed ambientale esplosa negli ultimi mesi nella famigerata Terra dei Fuochi, di cui, anche solo per sentito dire, tutti sanno almeno qualcosa. La Terra dei Fuochi è quella zona dell’entroterra campano (a nord di Napoli e nella periferia di Caserta) utilizzata come sversatoio di rifiuti speciali e radioattivi, mandati al rogo dai clan camorristici e inalati dalla popolazione locale che presenta il più alto tasso di malattie tumorali dell’intero paese, non una mera coincidenza.

Il 2013 è stato l’anno dell’allarme, delle cartoline e delle arringhe disperate e sentite di Don Maurizio Patriciello, è stato l’anno delle illazioni dei politici sulle cattive abitudini alimentari e sociali dei cittadini partenopei e campani, è stato l’anno delle tristi scoperte. Un anno di perplessa amarezza per chi denuncia il problema da due decenni senza aver mai ricevuto alcuna risposta dallo Stato, che pare essersi ridestato solo nelle scorse settimane, approvando un decreto legge che sancisce il reato contro i roghi illegali. Ma i fuochi da spegnere, purtroppo, divampano ancora negli ospedali e nel sottosuolo ormai tossico.

Dalla Terra dei Fuochi all’inferno d’acqua, quello che ha travolto la Sardegna lo scorso novembre. Le province di Olbia, Nuoro, Oristano e oltre sessanta comuni dell’isola sono stati devastati dall’alluvione causato dalle abbondanti precipitazioni, ma il bilancio più grave è legato alle sedici persone che hanno perso la vita e agli oltre settecento sfollati. Sciacallaggio edilizio, condoni poco lungimiranti, edifici costruiti sul letto del fiume per lasciare alle piogge il compito di spazzare via vite, case, lavoro e ricordi, squarciando il volto di un paesaggio ormai disfatto.

Il quadro della situazione non è molto diverso rispetto agli scorsi anni, persistono problemi riconducibili a sciacallaggi ambientali di vario genere, ecomafie e sversamenti illegali, ma sotto la cenere ardono ancora idee e voglia di cambiare. Il punto è sempre lo stesso: le questioni ambientali risentono della situazione politica e sociale precaria, basti pensare alle proteste NoTav, all’invivibilità delle città del Sud che ancora presentano tratti tipici delle metropoli del Terzo Mondo e ai numerosi esempi di scarsa coscienza ambientale sparsi nel territorio nazionale. Alcuni comuni italiani, tuttavia, si stanno adeguando sempre più ad uno stile di vita green ed eco-sostenibile, incoraggiando la condivisione di elettrodomestici, il risparmio energetico, la raccolta differenziata, in conformità con le norme e i progetti varati dall’Unione Europea.

A dispetto della triste tradizione che vede la Campania come indiscussa protagonista delle svariate emergenze rifiuti, anche altre regioni sono chiamate all’appello per assumere quanto prima misure di sicurezza sanitaria per i cittadini, Lazio e Sicilia in primis. Più volte Palermo è stata assediata dall’immondizia in seguito agli scioperi del personale addetto, mentre nella Capitale continuano ad imperversare piccole e grandi discariche a cielo aperto. Un problema che fa meno rumore della questione partenopea, ma che porta con sé i medesimi strascichi, che balzano agli occhi regolarmente. Un’angosciosa storia che si ripete.

Nel nostro Paese c’è ancora molto da lavorare, su tutti i fronti, e l’ambiente è uno di questi. Non ci resta che augurarci un quadro diverso, positivo e propositivo per il prossimo anno.

G.L. e Laura Olivazzi -ilmegafono.org