Essere un prete “anticamorra” richiede una buona dose di responsabilità. Un prete anticamorra deve stare dalla parte della legalità e della giustizia, prima di scegliere uno schieramento politico. Un  prete anticamorra ha il dovere di anteporre il buonsenso alle luci della ribalta, ha il dovere di dosare le parole e di non ergersi a idolo delle folle. Sembrava che Don Luigi Merola rispettasse questa sorta di tacito codice deontologico, almeno all’inizio della sua parabola mediatica.

27 marzo 2004, Napoli e l’intero paese vengono sconvolti da un agguato di camorra consumatosi a Forcella, in piena periferia interna. Un regolamento di conti non andato a buon fine colpisce in pieno volto la piccola Annalisa Durante, che, dopo tre giorni di coma, lascia una famiglia sconvolta dal dolore e un quartiere pietrificato. Quell’episodio scatenò un’ondata d’indignazione senza precedenti, perché si sa, il peso di un omicidio si quadruplica se la vittima ha solo quattordici anni. Don Luigi Merola divenne l’emblema del popolo che non ci sta. Si schierò dalla parte della legalità e dei cittadini, alzando la voce contro la malavita e i soprusi. Egli divenne un personaggio pubblico a tutti gli effetti, per una causa più che nobile. Ma l’altra faccia della medaglia non ha tardato a disvelarsi.

Don Luigi Merola, forte degli ampi consensi di pubblico, ha attirato le simpatie di quella che, per una buona parte degli italiani, è la faccia peggiore della nostra politica. Durante la campagna elettorale per le comunali di Napoli, nel 2011, si fa fotografare con l’allora candidato per il Pdl, Gianni Lettieri; uno scatto apparentemente casuale nel quale si assiste alla donazione di un campetto da calcio. Arrivano poi proposte politiche ben più allettanti, questa volta direttamente dal Cavaliere: dopo un colloquio informale, Berlusconi gli propone di candidarsi nelle file del suo partito, garantendogli pieno supporto per le attività svolte dalla Fondazione “A voce d’e criature”, sorta in un terreno confiscato alla malavita. Il Pdl aveva necessariamente bisogno di un volto antimafia e anticamorra, dopo tutto.

Don Merola sembra l’uomo giusto, un uomo di chiesa che sa parlare la stessa lingua del popolo. Un uomo diverso da Roberto Saviano, ingiustamente associato a un credo politico che in realtà è soltanto voglia di rendere giustizia a un paese martoriato dalle finte lusinghe dei potenti. Una funzione che all’inizio sembrava voler assolvere anche Don Merola, sfumata poi con gli anni e le dichiarazioni che sanno di contraddizione. Qualche tempo fa, il prete anticamorra si espresse negativamente proprio sul “collega” Saviano, palesando il suo pensiero sul quotidiano partenopeo Il Roma: ”Io non scappo come Saviano”, dichiarò. E tirare in ballo Saviano fu il tocco di classe in un articolo che, a dirla tutta, aveva davvero poco a che fare con l’autore di “Gomorra”.

Tra i disagi dell’amministrazione comunale e il degrado urbano spunta fuori la frecciata, come ci hanno insegnato gli esponenti di una certa destra maleducata e “cafona”. Quella stessa destra che Don Merola difende a spada tratta, visto quanto è successo il 3 luglio nel corso della trasmissione poco politically correct “La Zanzara”, in onda su Radio24. Don Merola assolve Berlusconi perché “peccatore come tanti uomini”, perché “fa quel che fanno tutti” e perché “fa mangiare ottantamila famiglie italiane”. Un uomo magnanimo insomma.

L’importante è essere giovani, belle e in cerca di popolarità, verrebbe da aggiungere. Difende Cosentino, accusato e incarcerato per i suoi rapporti con i casalesi, perché gli atti del processo non contengono elementi sufficienti per definirlo camorrista e colpevole. Tutta colpa di una “magistratura politicizzata e ignorante”, e qui l’eco del berlusconismo risuona più forte che mai. Ma come può un prete anticamorra e pro legalità esprimersi così negativamente sulla magistratura? Il dietrofront arriva subito, dettato alle agenzie sotto forma di apprezzamento per i pm napoletani. Una situazione alquanto confusa.

Come Don Luigi Merola ci sono tanti altri preti che combattono contro la camorra in realtà al limite del terzo mondo. Restano tutti all’ombra dei riflettori, quelli che, invece, molte volte ha scelto Don Merola, il quale,  per usare una metafora religiosa, appare in tal senso una pecorella smarrita. Rappresentava una delle facce più coraggiose e pulite della lotta alla camorra, ma quando il diavolo accarezza, vuole l’anima. Quel diavolo oggi si chiama politica, l’esorcismo può partire solo dal confronto con la realtà.

 Laura Olivazzi -ilmegafono.org