È ancora vivida nella nostra mente l’immagine della violinista greca in lacrime in occasione dell’ultimo concerto dell’Orchestra Sinfonica nazionale greco. La crisi incombe indiscriminatamente in ogni settore, la fantomatica ripresa appare adesso anche agli occhi dei musicisti un’illusione, un miraggio, una tenue e flebile speranza. Il musicista: una vita trascorsa con quell’inseparabile compagno di viaggio, lo strumento, con il quale si condividono gioie e delusioni, momenti di esaltazione e altri di profonda amarezza.

Ma è logico deturpare il patrimonio culturale, in questo caso il patrimonio culturale musicale, di una società? Da quanto visto sui social network in riferimento alla vicenda dell’orchestra nazionale greca, il nostro punto di vista, quello italiano, trova risposte che non condividono affatto una scelta del genere. Ma allora perché le vicende interne sembrano non tangerci come quelle che accadono all’estero? Siamo davvero convinti che la situazione della cultura musicale italiana differisca così tanto da quella greca?

Purtroppo, e da molto tempo, il nostro patrimonio musicale vive un periodo di profondo caos o, peggio, di indifferenza. L’affluenza nei teatri, anche quando sono interpreti di fama mondiale a calcarli, non è di quelle più numerose; le ultime generazioni stentano a percepire e a riconoscere le qualità intrinseche dell’opera teatrale e della musica classica, e ciò continuerà ad accadere fin quando vi sarà il talent show di turno a eclissare questi settori con la solita e ripetitiva musica commerciale, adornata di una qualità musicale inversamente proporzionale alle numerose frasi di sicuro effetto presenti invece nei testi.

Per quanto riguarda invece la formazione dei nostri musicisti, si fa riferimento da oltre un secolo ai Conservatori: istituti statali che forniscono una degna istruzione, morale ed etica oltre che musicale, agli aspiranti musicisti che coltivano la passione per la musica classica, ma anche per quella blues o jazz. Tralasciando l’aspetto caotico che regna all’interno di tali istituti, a causa di una riforma dei piani di studio strutturata male e realizzata peggio, l’istruzione di cui può vantare un musicista proveniente da un Conservatorio resta quasi sempre inutilizzata: pochissime possibilità di lavoro e altrettanto scarse possibilità d’espressione artistica in eventi.

Le cause di tutto ciò sono riconducibili a una proposta societaria, mediatica, e dunque anche politica, che non sembra prestare molta attenzione alla cultura. Eppure la cultura, non solo quella musicale, annienta l’ignoranza, apre nuovi orizzonti di pensiero e, soprattutto, rende il terreno fertile per la civilizzazione e arido per la criminalità organizzata e il malaffare.

Manuele Foti –ilmegafono.org