Capita di scandalizzarsi per le offese rivolte a personaggi pubblici. Capita di indignarsi e offendersi per gli insulti sul web. Capita di sentir dire che bisogna abbassare i toni. Mentana cancella l’account twitter e il presidente della Camera chiede più controlli sul web. La dialettica perde senso e, ridotta all’osso per ragioni di tempo, di propaganda, diventa inesorabilmente insulto. Eppure è un’epoca caratterizzata dal tono forte nella comunicazione. Capita di scorrere la bacheca di facebook e trovarsi davanti immagini di animali maltrattati e uccisi, di particolari forme di malformazioni e malattie, oppure di leggere gli aspetti più macabri dei fatti di cronaca.

Nessuno vuole ignorare i problemi, sia chiaro, ma est modus in rebus. L’abitudine del tono acceso, dell’insulto e dell’esagerazione è invalsa anche fuori dal web. La differenza? Mentre in quest’ultimo si può anche ignorare l’attacco (come fanno molti giornalisti oggetto quotidiano di insulti), in televisione, in strada non se ne può fare a meno. A volte bisognerebbe fare come Nanni Moretti in “Aprile” e raccogliere tutti i ritagli di giornale che contengono le affermazioni più assurde andando poi a ripescarli, dopo qualche tempo. Piero Longo, ieri sera, ha dichiarato in puro stile pistolero e celoduristico che avrebbe sparato con la sua “Ruger” all’assassino di Milano: per lui dovremmo chiedere un premio Nobel per la pacificazione sociale…

Un altro premio lo meriterebbe un sostanzioso gruppo dei partecipanti alla “Marcia per la vita” di domenica 12 maggio a Roma. Una manifestazione integralista cattolica e “aperta ai non credenti pro-life”, nella quale alcuni presenti non hanno esitato a mostrare scarpette da neonato, cartelloni con su scritto “ogni aborto è un bambino”, come se il tema potesse essere trattato con la profondità di un coro da stadio. L’emblema più aberrante è la croce di legno con le scarpette, portata davanti al Colosseo come vessillo di morte. Difficile provare a capire la reazione dei bambini che si trovavano lì per caso o per volontà dei genitori nel vedere quelle scene. Difficile immaginarsi quegli occhi nuovi poggiarsi su qualcosa di così sacro e così vilipeso, un ossimoro forte quanto la vita e la morte.

Viene il dubbio che la necessità di richiamare l’attenzione abbia stravolto gli intenti degli organizzatori, trasformando una manifestazione (libera ma non condivisibile da chi scrive) in un’esorcizzazione della morte attraverso lo sbandieramento dei suoi simboli. Basta andare sul sito per rendersi conto che i toni non sono mai smorzati. Dichiarazioni come: “Gli attacchi alla vita umana sono sempre più numerosi e nuovi strumenti di morte minacciano la sopravvivenza stessa del genere umano: Ru486, Ellaone, pillola del giorno dopo”.

E ancora: “Uccisione deliberata”, “morti” “morte naturale”, “sopprimere la vita umana”; “e qualora ci si trovi nella impossibilità politica di abolire tali leggi per mancanza di consenso popolare sufficiente, ci si impegna a denunciarne pubblicamente l’intrinseca iniquità, che le rende non vincolanti per le coscienze dei singoli”. Una serie di affermazioni che non necessitano di commento.

Comunque la si pensi circa i diritti individuali delle persone, circa la legittimità di imporre il proprio pensiero e la propria coscienza, non si può mai scendere così in basso, trattando la sensibilità delle persone e usando l’epiteto “assassino” con tale, eccessiva disinvoltura. La fine di un confronto passa anche dalla crudeltà portata in piazza. Su questo dobbiamo riflettere.

Penna Bianca –ilmegafono.org