L’estate si avvicina e il caldo inizia a imperversare. L’aria condizionata, strumento ormai diffuso, vi aiuterà a superare i momenti più difficili. Ma non è stato sempre così: in passato gli ingegneri hanno sperimentato metodi molto più costosi, ma di grande efficacia per il diletto di ricche famiglie aristocratiche. I ninfei e le grotte artificiali, diffusi sin dall’antica Roma e riscoperti durante il Rinascimento, furono ampiamente ristudiati e rivisitati, tra l’Italia e la Francia, e hanno arricchito i giardini di ville e castelli.

Una delle più antiche è la Grotta degli Animali nella villa del Castello, mentre forse la più famosa è la grotta del Buontalenti nel giardino di Boboli, che Bernardo Buontalenti realizzò alla fine del XVI secolo. Nello stesso periodo, Bernard Palissy creava, in Francia, grotte ricoperte da decorazioni in ceramica rappresentanti animali di ogni sorta, conchiglie e cariatidi, direttamente copiate dalla natura attraverso calchi che rendevano le sue rappresentazioni iperrealistiche e le sue grotte verosimili.

La bella e fresca grotta di Achelous, descritta nelle metamorfosi d’Ovidio, ha ispirato, assieme ai resti ritrovati durante gli scavi archeologici, gli ingegneri e gli architetti di tutta Europa fino al XVIII secolo.

La Sicilia, terra in cui il caldo torrido flagella i suoi abitanti da sempre, possiede ancora oggi la testimonianza di una cultura “alternativa” delle grotte dovuta alla tecnologia lasciata dagli ingegneri arabi nel X secolo. I Qanat di Palermo sono un’opera di ingegneria idraulica consistente in una rete di canali costruiti seguendo la particolare conformazione morfologica del terreno e in grado di portare l’acqua delle falde naturali in superficie.

Questa tecnica, che affonda le sue radici nell’antica Persia, fu realizzata da particolari artigiani chiamati muqanni, i quali scavarono le gallerie direttamente nella roccia o costruirono veri e propri canali sotterranei voltati con pietre magistralmente tagliate. Esistono ancora vari qanat a Palermo, tuttora visitabili, che furono realizzati in diversi periodi; infatti, la tecnica fu tramandata anche durante il periodo normanno. Nel Rinascimento, mentre nel resto della penisola si costruiva nel nuovo stile e si studiavano le rovine romane, a Palermo l’architettura normanna ancora visibile mostrava le caratteristiche di un precoce rinascimento locale.

Qui esistevano ancora i resti dell’antico parco del Genoardo (gennet-ol-ardh = paradiso terrestre) voluto dal re Ruggero II, che si estendeva in origine dal Palazzo Reale fino ad Altofonte. Questo giardino era un’opera d’arte vera e propria, una compenetrazione equilibrata tra opera dell’uomo ed opera della natura, tra architettura e natura. Al suo interno erano integrati palazzi come quello della Zisa o della Cuba soprana (oggi inglobata in villa Napoli), attorniati da una immensa varietà di piante (alcune delle quali ancora esistenti all’orto botanico di Napoli).

In questa cornice si diffondono, a partire dal XV secolo, delle particolari architetture ipogee chiamate “stanze dello scirocco” che, connesse agli antichi qanat, hanno dato vita ad una grande quantità di “grotte” influenzate sia dalla cultura araba che da quella “classica”. Basta ricordare la stanza dello scirocco che frà Giovan Battista Agliata, cavaliere di Gerusalemme, fece realizzare nel 1552 nella villa Ambleri, in cui organizzava spesso delle feste per i nobili della città; o le cosiddette “quattro camere”, una villa fatta realizzare da Carlo d’Aragona, presidente del Regno di Sicilia nella seconda metà del Cinquecento, in cui dipinti osceni e grotteschi decoravano le pareti di un’architettura prettamente votata al godimento degli occhi come anche degli altri sensi. 

Ancora oggi possiamo farci un’idea di queste quasi mitiche strutture grazie al lavoro del nostro grande Giovanni Falcone. Grazie a Falcone, infatti, è stato possibile recuperare il Fondo Micciulla, di proprietà sin dagli anni ’60 della famiglia mafiosa Piraino, e che grazie alla legge Rognoni-La Torre fu definitivamente confiscato. Dal 17 marzo 1999 questo fondo è stato affidato all’AGESCI per farne una base scout. L’associazione e la Sovrintendenza ai Beni Culturali si sono impegnate a riportare alla luce e a riconsegnare alla fruizione della collettività il complesso costituito dal Qanat dell’Uscibene e dalla Stanza dello Scirocco ivi conservati. Buona estate!

 Angelo De Grande -ilmegafono.org

Luca Penni, Il banchetto di Achelous, disegno, National Gallery of Art di Washington (acquisito nel 2007 dalla collezione Ratjen).

Bibliografia

Lanza Tomasi, R. La Duca, Le ville di Palermo, Palermo, 1966.

E. H. Neil, « A green City : Ideas, Conditions, and Practice of the garden in Sixteen Century Palermo » in L’urbanistica del Cinquecento in Sicilia,atti del convegno Storia dell’urbanistica in Sicilia, vol. III (a cura di A. Casamento et E. Guidoni), Roma, 1999.

Carla Balocco, Fauzia Farnetti, Giovanni Minutoli, I sistemi di ventilazione naturale negli edifici storici, Palazzo Pitti a Firenze e palazzo Marchese a Palermo, Firenze, 2009.

L. Monga (a cura di), Discurs viatiques de Paris à Rome et de Rome à Naples et Sicile (1588-1589), Ginevra, 1983.