“Siamo noi le pietre, nell’immobilità tradita da lacrime amare, nell’incapacità di vivere con leggerezza, nell’assurda convinzione di essere sempre vittime, sofferenti ma impassibili”.

Poche e significative parole, solo qualche metafora che nasconde e riassume perfettamente i pensieri e le problematiche di un’intera generazione; non è servito altro ai Koinè, una tra le nostre band emergenti di rilievo, per rappresentare ciò che è il motivo centrale della loro ultima produzione discografica. Da quasi un decennio, le loro idee e la loro musica, sempre seguite fedelmente dall’etichetta “Alka Record Label”, hanno conosciuto registrazioni e riproposizioni dal vivo riscuotendo sempre un buon consenso; adesso, è stato pubblicato il loro ultimo album, dal titolo “Come Pietre”.

Un album che, sotto l’aspetto musicale, si avvicina al pop-rock di stampo italiano, con qualche assonanza con gli stili di Baustelle o Afterhours; è un disco coinvolgente, molto riflessivo. In ognuna delle nove canzoni non ci si lascia quasi mai andare ad un entusiasmo travolgente, anzi sembra che il messaggio che la band ci voglia trasmettere sia quello che la tanto fantomatica ripresa economica, sociale, politica e quant’altro, del nostro Paese sia aggrappata a flebili, forse addirittura vane speranze, oltre che riposte nelle mani sbagliate. Pensieri e considerazioni che trovano ampie conferme nell’ascolto del singolo che ha anticipato l’uscita dell’album lo scorso febbraio: La ballata dei panni sporchi.

Il lavoro dei Koinè è senza dubbio un’ottima raffigurazione musicale dei disagi della generazione attuale, vittima (spesso impassibile) di una crisi non solo economica, ma che ormai degenera giornalmente in ogni ambito e che certamente non la si combatte linkando e taggando. “Come Pietre” rappresenta per i Koinè la voglia di reagire a questa precaria situazione, usando come mezzo di comunicazione la musica, che ha il potere di rendere più chiari i sentimenti e le idee che albergano in ognuno di noi.

Manuele Foti-ilmegafono.org