L’odissea dei rifiuti del Lazio sembra essere giunta a una conclusione. Il 10 aprile scorso la discarica di Malagrotta è stata chiusa “definitivamente”, dopo numerose proroghe, a tutti i rifiuti non trattati. Fino al primo luglio entreranno nella discarica solo i rifiuti trattati  negli impianti di trattamento meccanico biologico (Tmb) Malagrotta 2. Un’ordinanza del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, “autorizza per 30 giorni, nelle more dell’entrata in funzione di un nuovo tritovagliatore del Consorzio laziale rifiuti” nella zona di Rocca Cencia, “il trattamento tramite selezione (fino a mille tonnellate al giorno) dei rifiuti urbani indifferenziati negli impianti di Tmb Malagrotta 2″. Alcune regioni, come Toscana e Abruzzo, hanno offerto inoltre il loro contributo per superare l’emergenza rifiuti a Roma.

“Ci siamo assunti la responsabilità di aiutare Roma per un’emergenza rifiuti nella Capitale che sarebbe un danno di immagine non solo per la città ma per tutto il paese – ha detto il presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi -. E proprio per questo avremmo dato il nostro contributo anche se ci fosse stato bisogno di conferire in discarica i rifiuti. Ma così non sarà, anche perché l’accordo prevede una piccola quantità di materiale da trattare e che verrà conferito nelle discariche del Lazio”. 

Il nuovo governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, è riuscito, in sede di Conferenza delle Regioni, a superare l’ostilità dei colleghi leghisti di Lombardia, Piemonte e Veneto che si erano opposti al trattamento dei rifiuti laziali fuori dai confini regionali. Il contributo delle altre Regioni sarebbe provvisorio e comunque alternativo al trattamento dei rifiuti nell’impianto di Malagrotta 2. In teoria, infatti, l’impianto Tmb di Colari (Malagrotta 2) dovrebbe ospitare oltre 500 tonnellate di rifiuti al giorno finché non sarà in funzione il “tritovagliatore” (tritarifiuti) di Rocca Cencia.

L’odissea, insomma, sembra finita, anche se cittadini e associazioni che hanno seguito negli anni il problema di Malagrotta sono scettici sull’effettivo funzionamento del “Malagrotta 2”, proposto come soluzione proprio dal “patron dei rifiuti di Roma”, Manlio Cerroni.

“Di questo impianto nessuno sapeva nulla – scrive sul suo sito Maurizio Melandri, vice presidente del Comitato Malagrotta, impegnato dal 1985 nella lotta al monopolio dei rifiuti nella Capitale -.  E con nessuno non intendo noi, che ovviamente siamo gli ultimi a sapere come stanno le cose, a cose fatte e con molto ritardo; ma evidentemente non ne sapevano niente Alemanno, Corrado Sottile (commissario per l’emergenza rifiuti a Roma) e neanche il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, che aveva già inviato due volte il Noe dei carabinieri a controllare l’effettiva capacità di trattamento degli impianti laziali”.

“Restano dei dubbi sul perché questa linea spunti fuori solo ora”, scrive invece il quotidiano romano Il Tempo in un articolo. Nel frattempo, Cerroni, che ha 86 anni, è accusato dalla Procura di Roma (Pm Simona Maisto e Alberto Galanti) di aver fornito dati falsi sul gassificatore allestito nell’area di Malagrotta, a ridosso della strada che attraversa la valle Galeria e del corso d’acqua omonimo, uno dei più inquinati d’Italia. La sentenza per il “re dei rifiuti” sarà emessa il prossimo 10 luglio.

G.L. -ilmegafono.org