Su queste colonne si è sempre reputato Caparezza un genio. Oggi lo riscopriamo con lenti diverse, riassaporando un vecchio pezzo, neanche dei più famosi: Io diventerò qualcuno, tratto dall’album “Le dimensioni del mio caos” (2008). L’artista pugliese se la prende con la cultura dell’apparire, ma, se la si ascolta e se si legge il testo con occhi odierni, il riferimento a un generico grillismo è palese e nel web qualcuno ha cominciato a notarlo. Basta leggere il testo con attenzione che… “Se vuoi parlare un po’ con me ti devo addare al mio myspace”, è il web al centro. “Nel dopoguerra non c’era chi urlava nei comizi più di cherokee”, questa è facile.

“Nella schiena dei partiti affondo le unghie: io non sono di destra né di sinistra, sono un uomo qualunque! E lo stato è demagogo, nel sistema bipolare non mi ci ritrovo”…quando ci si legittima solo di pochezza altrui.

“Vivo decenni dopo nello stesso clima che su questo fuoco getta più benzina” e la pace sociale è solo un miraggio.

“Il qualcunista milita in una banda che prende piede se la prendi sotto gamba”, come han fatto tutti invece.

“Lascia nei forum commenti di boria, ma sì… sono piccoli commenti di gloria”: trollismi e incenso. “Il Fronte dell’Uomo Qualunque è il primo partito di questo paese. Grazie e arrivederci”. Fantastico e (all’epoca) involontario riferimento all’algebra fantasiosa di Crimi.

“E siamo tutti nelle mani di chi? Di questi che per diventare qualcuno cambiano nick?”. La mediocrità al potere.

“Sì, il Fronte dell’Uomo Qualcuno ha voti al cubo, mamma che dolore al culo, lo appuro, se questo è uno scherzo manca il sens of humor…Stiamo seppellendo nell’Endemol generation”. Geniale gioco di parole tra uomo qualunque/qualcuno per evidenziarne le connotazioni: astrattismo e inconsistenza.

“Devo aspettare di perdere il mio diritto di voto per guadagnare il diritto alla nomination?”. La domanda finale è inquietante e speriamo riceva risposta negativa. 

Penna Bianca –ilmegafono.org