Rocco Varacalli, ex boss della ’ndrangheta stanziata a Torino e collaboratore di giustizia dal 2004, è in pericolo. L’uomo, che ha deciso di allontanarsi dalla criminalità organizzata e di collaborare con la magistratura, ha ammesso che da tempo ha perso la fiducia dei propri familiari, i quali avrebbero pure tentato di fare il possibile affinché ritirasse quanto affermato nel corso degli anni e tacesse per sempre. La storia di Varacalli è lunga, ma è importante per capire come egli sia riuscito a tenere sotto scacco l’intero Piemonte. È proprio a Torino, infatti, che il boss calabrese effettua una vera e propria scalata all’interno della ’ndrangheta. Incomincia dai compiti “semplici”, quali lo spaccio della droga, fino a raggiungere i vertici dell’organizzazione.

Negli anni ’90, secondo quanto avrebbe riferito agli inquirenti, Varacalli controllava ampiamente gli appalti dell’intera regione e persino il riciclaggio del denaro investito. I contatti con la politica, poi, erano inevitabili. Nel corso della trasmissione Presa diretta andata in onda qualche mese fa, lo stesso raccontò nei dettagli la nascita del noto centro commerciale di Grugliasco Le Gru, il quale venne costruito da “loro”, dalla cosca di Locri. Durante l’inaugurazione, avvenuta nel 1993, era presente pure Silvio Berlusconi, e quel giorno “stringeva le mani a tutti”, tra i quali lo stesso Varacalli. “La ’ndrangheta ha bisogno della politica”, ha affermato Varacalli, “e i politici hanno bisogno della ’ndrangheta”.

Questo patto di acciaio “va fatto prima: a loro i voti e a noi i cantieri”. Insomma, è evidente che spesso il ruolo centrale di questo triste gioco pende proprio sulla politica stessa. Basterebbe solo un po’ di senso civico e di onestà in più per far sì che questo intreccio cessasse per sempre per dar spazio alla legalità, alle aziende non colluse e a tutto ciò che di buono c’è in questo Paese. Ma ciò non accade quasi mai. I legami tra politica e criminalità organizzata fruttano una quantità di denaro (oltre che di potere) enorme e risulta difficile e non conveniente dire di no all’ingiustizia, al marcio. Per questo motivo la ’ndrangheta è riuscita ad emigrare, a far soldi anche nel “rispettabilissimo” nord.

Eppure, nonostante i facili guadagni e una fetta di potere davvero importante, Rocco Varacalli ha deciso di dire basta, di gettare la spugna. Lo ha fatto nel 2004 e da allora il numero dei nomi degli affiliati è cresciuto sempre di più. Nel giugno 2011, poi, lo stesso Varacalli ha permesso di dare il via alla maxi-operazione Minotauro, l’indagine più importante degli ultimi anni che è riuscita a svelare le infiltrazioni mafiose in Piemonte e ha portato all’arresto e alla condanna di numerosi appartenenti alle ’ndrine. Un vero terremoto per la ’ndrangheta, che ancora continua a pagarne i danni, date le numerose inchieste che si susseguono da ormai più di un anno.

Lo scorso agosto, infine, Varacalli è fuggito dal luogo di protezione in cui viveva perché “spaventato” dalle minacce ricevute dalla famiglia nel corso di questi anni. Gli inquirenti lo hanno ritrovato due mesi dopo a casa dell’ex suocero, a Castellamonte, ma l’uomo sembra intenzionato a proseguire il proprio lavoro al fianco della giustizia. Perché le parole di Varacalli hanno aperto uno squarcio immenso sui segreti della ’ndrangheta e sulle operazioni illecite che questa svolge al nord. Minotauro è sicuramente la più importante, ma non l’unica. Grazie alle parole di Varacalli si sono aperti diversi processi che riguardano fatti mafiosi accaduti negli anni ’90, periodo storico importante per il controllo del territorio al nord e l’ascesa delle cosche calabresi.

È probabile, infine, che una collaborazione futura possa portare a nuove scoperte da parte degli inquirenti e ciò rende ancora più utile la figura di un uomo che ha fatto del male alla società in passato, ma che adesso cerca di renderle ciò che le ha tolto nella maniera più efficace possibile. Insomma, Varacalli non va lasciato solo: le sue parole non sono castelli di sabbia, ma veri e propri capi d’accusa nei confronti delle ’ndrine piemontesi.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org