In Italia il popolo è sovrano, vale a dire che è ad esso che spetta determinare l’andamento politico- sociale del Paese. Eppure mai come oggi gli italiani si sentono lontani da tale importante ruolo. Ogni giorno salta fuori una nuova storia di cattivo governo, di peculato, di legami tra politica e criminalità organizzata ed è sempre più forte la sfiducia che il popolo prova nei confronti dei propri amministratori. Sfiducia che in molti casi è però accompagnata da una sorta di rassegnazione piuttosto che da una più costruttiva e certamente giustificata rabbia. L’italiano medio è solito giustificare la propria inerzia ripetendosi frasi quali “..sono tutti uguali..”, “..io non posso fare niente per cambiare le cose..”, eccetera: niente di più falso. Negli ultimi giorni due diverse vicende hanno mostrato quanto importante possa essere la volontà popolare: il caso Ilva e le recentissime vicissitudini del Muos di Niscemi. L’Ilva di Taranto, la più grande acciaieria d’Europa, abituata ad inquinare impunemente, negli ultimi anni si è scontrata con l’azione di ambientalisti e semplici cittadini di Taranto, stanchi di vedere i loro cari ammalarsi e morire a causa dell’elevatissimo inquinamento della zona.

L’attività di sensibilizzazione e di informazione portata avanti dai numerosissimi comitati, associazioni e fondazioni di Taranto ha fatto la differenza, è riuscita ad attirare l’attenzione pubblica nazionale. Ad oggi, quella dell’Ilva è una delle tematiche più affrontate e dibattute. Questo anche grazie al coraggio di un magistrato, il gip  Patrizia Todisco, che, lo scorso 25 luglio, ha predisposto il sequestro degli impianti a caldo (cioè quelli maggiormente inquinanti) dell’industria siderurgica, attirando inevitabilmente su di sé moltissime critiche. Nei due mesi successivi al sequestro, malgrado il provvedimento giudiziario prevedesse la facoltà d’uso degli impianti ai soli fini del loro risanamento, l’attività produttiva non si è mai interrotta e l’acciaieria ha prodotto 22mila tonnellate di ghisa al giorno e ammorbato chissà quanti altri sfortunati tarantini. Di qui la decisione della Procura di Taranto, lo scorso 6 ottobre, di fissare un limite di tempo perentorio di 5 giorni per avviare lo spegnimento degli impianti. Purtroppo però un provvedimento così importante per la salute dei tarantini si è imbattuto nell’intervento di Corrado Clini che, malgrado il proprio ruolo istituzionale (ministro dell’Ambiente), è apparso voler dare maggior rilievo al profilo produttivo-occupazionale dell’intera vicenda che non a quello più strettamente di sua competenza: l’elevatissimo inquinamento prodotto dall’Ilva.

Dopo aver definito “impossibile” lo spegnimento degli impianti in 5 giorni, il ministro ha infatti annunciato per la settimana successiva l’approvazione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale. Nell’esporre il testo dell’Aia, il ministro ha dichiarato: “L’approccio che abbiamo seguito non è stato quello che in molti si aspettavano: ‘il ministero dell’Ambiente chiude perché l’Ilva inquina’, ma invece è stato quello per cui ‘il ministero dell’Ambiente porta l’azienda a investire in tecnologie nuove per proteggere l’ambiente e aumentare la sua competitività a livello internazionale”. “L’Ilva- ha continuato Clini – dovrà modificare i suoi impianti, realizzare sistemi di gestione che puntano a minimizzare l’impatto ambientale, e questo non è solo un investimento utile a proteggere l’ambiente e la salute, diventa anche un terreno di prova su scala europea per nuovi sistemi di produzione dell’acciaio. Credo che questo aumenterà la competitività dello stabilimento”. Ma l’autorizzazione in questione non ha convinto affatto i cittadini e gli ambientalisti della zona (poco interessati alla futura competitività dell’impianto), che hanno definito un bluff  i limiti alla produzione fissati nell’Aia.

“Dal giorno stesso della firma per l’Aia – ha dichiarato il Comitato Donne per Taranto – intraprenderemo azioni legali nei confronti di coloro che hanno sottoscritto un’autorizzazione prescindendo da elementi troppo importanti, a cominciare dal mancato inserimento dei Dati dello Studio Sentieri”. Al momento meno controversa sembra essere la situazione del Muos, l’innovativo impianto di comunicazione satellitare ad esclusivo beneficio della Marina Militare Americana, che avrebbe dovuto sorgere a Niscemi. Anche questa vicenda era stata abilmente celata da un massiccio muro del silenzio che è stato però squarciato dalle attività organizzate dai No Muos. Tra il 29 settembre ed il 6 ottobre gli attivisti hanno organizzato una settimana di mobilitazione contro il Muos e per la smilitarizzazione della Sicilia, terminata con una grande manifestazione alla quale hanno partecipato circa 5000 persone, provenienti da tutta l’isola e da qualche altra regione d’Italia.

Proprio il 6 ottobre (difficile considerarla una semplice coincidenza) la Procura di Caltagirone, a conclusione di indagini avviate nel luglio 2011, ha predisposto il sequestro dell’area e degli impianti per violazione delle leggi sull’ambiente. “Dopo l’intervento dell’autorità giudiziaria e lo straordinario successo della manifestazione di sabato – ha dichiarato Sandro Rinnone, del Comitato No Muos – il governo deve assumersi le proprie responsabilità revocando le autorizzazioni all’installazione e imponendo alle forze armate statunitensi lo smantellamento delle strutture già esistenti, restituendo l’area alla popolazione per fini di pace”. “Se ciò non dovesse avvenire – prosegue Rinnone – il Movimento No MUOS darà vita ad una campagna nazionale di disobbedienza civile affinché siano ripristinati i principi di sovranità nazionale e del diritto a un futuro libero dalle guerre”. Insomma, alcuni italiani hanno rispolverato le proprie corone e stanno ricominciando ad esercitare il proprio diritto a vivere in uno Stato che sia realmente degno di questo nome. L’auspicio è che queste due prime vittorie invoglino anche i più disillusi a fare altrettanto, e a dirsi: “Io posso cambiare le cose”.

Anna Serrapelle- ilmegafono.org