Mentre a Roma si continua a discutere su quale sito ospiterà la prossima discarica, ci sono movimenti cittadini nel Lazio che non si arrendono all’emergenza. Uno di questi è il Comitato Malagrotta che, nei giorni scorsi, insieme ad altri gruppi di attivisti locali, ha consegnato in Corte d’Appello le delibere per la convocazione di un referendum sul piano rifiuti regionale. Come spiega Maurizio Melandri, vice presidente del Comitato Malagrotta, impegnato dal 1985 nella lotta al monopolio dei rifiuti nella Capitale, il vero problema di Roma è infatti il piano di gestione dei rifiuti della Regione Lazio, un’anomalia nel panorama europeo che va assolutamente risolta.

“Il piano regionale – spiega Melandri – è diviso in due parti. La prima, quella più consistente (diverse centinaia di pagine), contiene un dettagliato programma di gestione dei rifiuti con tutti i limiti imposti dall’Unione Europea in termini di impiantistica e raccolta differenziata”. La seconda parte, invece, è più breve, “sei paginette – dice Melandri – che vanificano l’intero piano regionale”. Lo “scenario di controllo”, così si chiama la parte incriminata del piano rifiuti della Regione Lazio, prevede che, se i Comuni pensano di non riuscire a raggiungere i livelli di raccolta differenziata previsti da Bruxelles, possono chiedere una proroga e vedere posticipato, all’infinito, l’obbligo di rispettare le norme comunitarie.

“Ed è proprio quello che è accaduto con la discarica di Malagrotta”, spiega Melandri. Il sito di Malagrotta, ritenuto da alcuni la discarica più grande d’Europa, continuerà a ingoiare i rifiuti della Capitale fino al 31 dicembre del 2012, in base a una proroga decisa dalla giunta Polverini. “Negli ultimi anni – continua Melandri – abbiamo assistito ad una continua proroga dei termini previsti dal piano regionale e dalle norme europee. Da Francesco Storace a Renata Polverini, nulla è cambiato”. La Valle Galeria, dove sorge il sito di Monti dell’Ortaccio, indicato come alternativa alla vicina Malagrotta, “rischia di essere condannata”, avverte Melandri. In questo momento, in cui i rifiuti prodotti da famiglie e imprese stanno comunque diminuendo, bisognerebbe invece puntare sul rilancio della raccolta differenziata e su una gestione “civile e normale” dei rifiuti.

“Se il referendum si tenesse e fosse approvato – aggiunge Melandri –  anche il Lazio sarebbe costretto a rispettare i termini dei volumi di raccolta differenziata previsti per tutte le nazioni europee. Il risultato sarebbe: mai più discariche con rifiuti umidi gettati senza alcuna lavorazione preventiva e mai più inceneritori”. Come sottolinea Melandri, arrivando a livelli di raccolta differenziata del 65 per cento (l’obiettivo previsto dall’Ue per il 2012), “ci troveremmo nelle condizioni di altri paesi europei che ora sono ben lieti di accogliere i rifiuti stranieri, come quelli della città di Napoli, perché ne hanno bisogno per i loro inceneritori”.

Il referendum sull’abrogazione dello “scenario di controllo” del piano di gestione dei rifiuti dovrebbe tenersi tra la fine di ottobre e metà novembre del prossimo anno, nel caso in cui fosse approvato dalla Corte. Devono passare infatti almeno sei mesi dalle elezioni regionali. “Il referendum è sicuramente un’azione più politica che pratica, ma se fosse approvato, sarebbe una vittoria della civiltà”, conclude Melandri.

G. L. -ilmegafono.org