Molte band emergenti stanno dando nuova linfa alla musica italiana, proiettando le nuove generazioni verso l’ascolto di una musica più internazionale, orientata verso uno stile compositivo ragionato in cui suoni e parole assumono la reale importanza che sempre dovrebbero avere. È un processo musicale a cui molti gruppi italiani stanno prendendo parte, uno di questi è senza dubbio Il Vaso di Pandora, un gruppo alternative-rock d’origine emiliana con ormai qualche anno di attività alle spalle, con esibizioni dal vivo e non solo. La band, infatti, può già vantare la pubblicazione di un EP, intitolato “Intrigo” e datato 2010, che ha ottenuto peraltro buone recensioni.

Adesso, ad un paio d’anni di distanza, il Vaso di Pandora è pronto nuovamente a far fuoriuscire qualcosa dal suo personale scrigno musico-compositivo: si tratta del loro primo album, “Psicosi di una donna curiosa”. Già dal primo ascolto l’album fa trasparire una notevole qualità musicale: si alternano suoni molto rock ad altri più alternativi e melodici, i quali delineano la vasta gamma di emozioni che hanno portato la band a comporre il loro lavoro discografico e che fanno percepire chiaramente le influenze musicali dei vari Afterhours, Muse, Foo Fighters.

Ad essere vari sono anche i ritmi utilizzati: a tratti grande energia, come nel caso di Fuori o Tempo latitante, in altri invece si ha il predominio di una sorta di malinconica musicalità, come in Il re servo e Lu. Merita una menzione particolare Pandora, una stupenda canzone aperta da un riff di chitarra rock-grunge e accompagnata da una soave voce, una canzone che rappresenta l’anello di giunzione tra le due facce dell’album precedentemente descritte e che, a nostro modesto parere, ne rappresenta l’apice.

“Psicosi di una donna curiosa” risulta dunque un ottimo trampolino di lancio per la definitiva consacrazione della band emiliana nel rock italiano ed europeo, in modo tale che essa possa prendere parte con ancora più vigore al processo evolutivo che musicalmente sta incidendo positivamente sulla nostra società.

 Manuele Foti –ilmegafono.org