La sentenza sulla Eternit di Casale Monferrato costituisce un importante precedente, oltre a dare finalmente un po’ di sollievo a tutte quelle persone che hanno lottato anni per ottenere un minimo di giustizia dopo aver visto i propri cari, familiari e amici, consumarsi e morire per colpa di un gruppo di industriali senza scrupoli, i quali, in nome del profitto, hanno avvelenato con l’amianto intere comunità. Una sentenza esemplare che, in Italia, vorrebbero in tanti altri che combattono dure battaglie contro la morte e il dolore in diversi territori, da Nord a Sud. Da Porto Marghera a Taranto, da Bagnoli a Gela, da Piombino a Porto Torres, fino al triangolo Priolo-Augusta-Melilli (in provincia di Siracusa): tante realtà distrutte dall’inquinamento, dai fumi industriali, dalle sostanze tossiche, da un livello di degrado dell’ambiente che aumenta senza soluzione di continuità, a causa anche dei mancati e sempre rinviati interventi di bonifica delle aree inquinate.

Il caso di Bagnoli scotta maggiormente perché la sentenza che condanna i vertici della Eternit si applica solo agli stabilimenti di Casale Monferrato e di Cavagnolo, mentre per quello di Bagnoli (così come per quello di Rubiera) il reato cade in prescrizione: ciò significa che vittime e familiari delle vittime dell’area campana non avranno né giustizia né risarcimenti. Una beffa dolorosa, una tragedia nella tragedia. Così come tragica è la vicenda delle tante morti e malformazioni che hanno interessato i lavoratori dell’area industriale di Priolo-Augusta-Melilli, un’area in cui anche l’azienda di famiglia dell’ex ministro dell’Ambiente, Prestigiacomo, si è trovata sotto inchiesta per una vicenda relativa all’amianto. Per non parlare poi di Gela o della terribile situazione di Taranto, dove comitati di cittadini e associazioni combattono da anni contro l’inquinamento massiccio e l’arroganza vergognosa della famigerata Ilva, adesso sotto processo, un processo che le stesse associazioni seguono da vicino, partecipando in massa.

La funesta mappa italiana relativa allo stato di salute dei cittadini che risiedono attorno alle aree industriali è solo una delle facce addolorate e tristi di questo Paese, dove anche in aree meno a ridosso delle industrie si muore, spesso senza che si possa immediatamente scoprirne le cause. Se lo sversamento di rifiuti illegali nelle discariche regolari ha fatto conoscere luoghi come il triangolo della morte Acerra-Nola-Marigliano, ci sono realtà in cui da 20 anni si chiede che venga fatta chiarezza, perché la popolazione si ammala e muore di leucemia, registrando tassi superiori a qualsiasi altro posto in Italia. È il caso di Lentini, in provincia di Siracusa, dove i familiari delle vittime, riunitesi in alcune associazioni, aspettano che si faccia chiarezza riguardo a quella che è una misteriosa anomalia, su cui adesso sia le autorità sanitarie che la magistratura indagano, grazie anche alle denunce di un’associazione e del suo tenace avvocato, il quale tempo fa ha consegnato alla Procura tutte le carte raccolte in questi anni.

Il fatto di essere un comune prevalentemente agricolo, dove pertanto è massiccio l’uso dei pesticidi e l’esposizione ai loro effetti (uno dei fattori che possono determinare l’insorgere della malattia), ciò non può da solo spiegare un tasso così elevato, che assegna a questo comune con circa 25 mila abitanti il record assoluto in Italia. Il fatto strano è che l’incremento dei malati di leucemia si è avuto a partire dagli anni ’80, anni in cui Lentini si è trovata al centro di diversi fatti che, oggi, vengono collegati alla diffusione della malattia. Il primo è l’incidente avvenuto il 12 luglio 1984, quando un aereo militare americano precipitò a 5 km di distanza dall’abitato, in contrada San Demetrio. Morirono tutti i membri dell’equipaggio (9 soldati Usa) e l’area fu immediatamente circondata e sequestrata dagli Usa, che impedirono anche alle autorità italiane di intervenire. Il sospetto è che su quell’aereo vi fossero barre di uranio impoverito (all’epoca usate come contrappesi nei cargo) e che, con l’incidente, si fosse determinata una contaminazione del territorio.

Una vicenda nota ai lentinesi ma rimasta inesplorabile per la segretezza con cui gli Usa gestirono l’accaduto. Oltre a questo fatto, ve n’è stato un altro, che riguarda la mafia lentinese, particolarmente potete negli anni ’80: in quegli anni si scoprì infatti che i clan avevano trasformato molti terreni della zona in discariche di rifiuti tossici derivanti dal Nord, soprattutto dal Veneto. E a ciò si aggiunga la presenza, a poca distanza dal comune lentinese, della base Nato di Sigonella. Insomma un mix di fattori di inquinamento che può spiegare il triste record di leucemia detenuto dalla cittadina a nord di Siracusa.

E come Lentini, ci sono tante altre realtà in cui si muore per cause ancora da accertare, realtà nelle quali tutti sospettano o sanno, ma in cui non è ancora intervenuta la giustizia, con sentenze e condanne, a stabilire ciò che è realmente accaduto. Certo, nel caso di Lentini, c’è un problema in più, vale a dire che, se l’origine primaria è effettivamente da rintracciarsi nell’incidente aereo americano, sarà davvero difficile arrivare alla verità, sgretolando i muri di gomma che le autorità Usa sono capaci di erigere dinnanzi a ciò che li riguarda quando sono colpevoli. Di sicuro però bisogna insistere, perché se è vero che i reati vanno in prescrizione, è altrettanto vero che il dolore di un familiare e il suo bisogno di giustizia non potranno mai essere prescritti.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org