L’Italia è stata recentemente affidata ad un governo tecnico, non ci sono più Berlusconi e Maroni che erano soliti attribuirsi i meriti delle grandi operazioni di contrasto all’attività criminosa, eppure (come era facilmente prevedibile) il Paese non è allo sbando, tutt’altro: quella che volge al termine è, dal punto di vista della lotta alle mafie, una delle settimane più produttive degli ultimi tempi. Lo scorso 7 dicembre è stato infatti catturato Michele Zagaria, il boss della camorra latitante dal 1995. Guardare le immagini successive all’arresto, immagini di poliziotti orgogliosi che, a sirene spiegate, assicurano alla legge un pericoloso criminale ha fatto emozionare chiunque creda nella giustizia e nell’importanza della lotta alla mafia, fornendogli una nuova dose di speranza. Ma questa importante vittoria dello Stato, riconosciuta dallo stesso boss al momento dell’arresto, è stata parzialmente rovinata dalla constatazione che l’omertà e la collusione sono ancora molto forti in Italia. Non ci riferiamo solo a Rosaria Massa e Vincenzo Inquieto, i due coniugi che ospitavano sotto la propria abitazione il bunker di “capastorta” e adesso accusati di favoreggiamento, né esclusivamente a quei cittadini di Casapesenna che continuano a definire Zagaria un imprenditore, addirittura un “benefattore rovinato dagli invidiosi”.

Il discorso è molto più ampio e coinvolge, per esempio, il parroco del Paese, don Luigi Menditto, che, in seguito all’arresto, ha dichiarato: “Lo Stato qui ha sbagliato, a Casapesenna siamo nati senza legge” ed ha poi aggiunto, forse dimentico che tra i tanti reati contestati a Zagaria c’è l’omicidio, uno dei peccati considerati più gravi dalla religione che dovrebbe rappresentare, “per me che sono un sacerdote, Zagaria è un parrocchiano come gli altri al quale portare il Vangelo”. Parole molto gravi ed offensive per tutti i parrocchiani onesti di Casapesenna che dovrebbero pretendere di essere considerati assai diversi da un criminale pericoloso e sanguinario come Michele Zagaria. Dalla sua il parroco non ha alcuna giustificazione, non può invocare nessun precetto della propria religione, la stessa religione servita e osservata, indubbiamente con più coerenza e coraggio, da persone come don Pino Puglisi e don Peppino Diana, entrambi uccisi per essersi, nella loro opera di evangelizzazione, apertamente schierati contro la mafia il primo e contro il clan dei casalesi il secondo.

Complice e omertosa in questi giorni si è rivelata anche un certo tipo di informazione che ha preparato dei servizi giornalistici (?) nei quali il boss veniva dipinto come un “golosone”, amante delle belle donne ma così furbo da non crearsi una famiglia che rappresentasse il suo tallone d’Achille e tanto scaltro da utilizzare tecnologie moderne per evitare di essere intercettato. Delle disgustose “odi al camorrista” che poco o niente hanno a che vedere con il fare informazione. Eppure perché lo Stato trionfi sulle mafie è necessario essere ottimisti, farsi rinvigorire dalle vittorie già conseguite piuttosto che lasciarsi abbattere da quanto ancora c’è da fare. Così è necessario non permettere che l’ennesimo intreccio tra mafia e politica scoperto sempre questa settimana ad Altamura, in provincia di Bari, porti una seppur comprensibile disillusione,  ma piuttosto riuscire a considerare tale scoperta una nuova vittoria.

Un’importante vittoria che ha permesso l’iscrizione nel registro degli indagati di 14 persone tra cui 2 carabinieri, accusati di favoreggiamento e di frode processuale, e 2 avvocati, uno dei quali, Vito Zaccaria, ex assessore comunale e vice sindaco, è accusato di concorso esterno, lesioni personali e violenza privata ed ha manifestato la volontà di «collaborare con la giustizia e di offrire tutti i chiarimenti necessari per dimostrare la propria estraneità ai fatti». Che alcune parti malate del nostro

Stato siano abituate a scendere a patti con la mafia ormai non è più una novità, così come non lo è il fatto che la paura porti gente comune a dire che un assassino sia un benefattore, ma fortunatamente c’è anche tanta gente che nella lotta alla mafia ci mette la faccia, che ha il coraggio di continuare a gridare che la mafia è una montagna di merda. Persone come Salvatore Borsellino, Pino Masciari, Pino Maniaci, Benny Calasanzio, Sonia Alfano, Ignazio Cutrò e tanti altri, le persone che dovremo ringraziare se un giorno l’Italia avrà davvero un fresco profumo di libertà.

Anna Serrapelle- il megafono.org