Greenpeace lancia un nuovo appello, rivolgendosi stavolta alle case di moda internazionali: stop ai capi in pelle per salvare l’Amazzonia. Il Polmone Verde del pianeta, infatti, è da decenni soggetto a un processo di deforestazione sempre più incisivo e la causa principale di tutto ciò è da ricondurre alla crescita degli allevamenti bovini, dai quali si ricavano non solo carni da macello ma anche pelli da conciare. “Se ci tenete all’Amazzonia, salvatevi la pelle!”, è l’appello lanciato a Bologna dagli ambientalisti ed attivisti di Greenpeace. Nel capoluogo emiliano, infatti, si è svolta nelle scorse settimane la Fiera internazionale LineaPelle, rivolta ai produttori e conciatori di pelle, e dunque anche all’alta moda. Greenpeace ha presentato un rapporto dal titolo singolare: “Promesse infrante”.

Chi non ha mantenuto la promessa è il colosso brasiliano Jbs, leader mondiale della produzione della carne e della trasformazione delle proteine animali. La Jbs continua ad utilizzare capi di bestiame provenienti dagli allevamenti posti sotto embargo dal governo brasiliano, perché responsabili della deforestazione. Nel 2009 la Jbs aveva “promesso” di non utilizzare per le proprie produzioni capi di bestiame provenienti dagli allevamenti dell’Amazzonia, ma nel 2010 ha acquistato più di mille capi di bestiame provenienti da diciannove allevamenti illegali.

Il rapporto di Greenpeace denuncia inoltre che il commercio illegale di capi di bestiame continua indisturbato e i rapporti commerciali non riguardano soltanto la Jbs ma anche altre piccole e medie compagnie per la conciatura e produzione di pelle. Gli allevamenti incriminati sono illegali per due motivi: occupano l’80% degli spazi forestali riservati alle tribù locali, che sono costrette a vivere nel restante 20%; sono inseriti nella “lista nera” del ministero del Lavoro brasiliano perché colpevoli di schiavismo e sfruttamento minorile. Ed è cosi che si spiegano i costi alquanto competitivi dei capi provenienti da queste fucine di crimini contro l’ambiente e contro l’essere umano.

Il rapporto presentato dall’Agenzia aereospaziale brasiliana (INPE) afferma che il 61% dei territori disboscati è occupato da allevamenti bovini, che dunque sono la causa principale della rapida ed inesorabile morte dell’Amazzonia. Greenpeace ha così organizzato a Bologna una singolare protesta: piazza Maggiore è diventata un grande set fotografico, nel quale hanno posato modelle che indossavano capi d’alta moda realizzati con materiali a impatto zero per la linea “The Dryad” della stilista Mariangela Grillo. A fare da contorno al set fotografico, un grande pannello recante le immagini di un’Amazzonia incontaminata.

Laura Olivazzi -ilmegafono.org