Il 22 ottobre scorso è stato celebrato il duecentesimo anniversario della nascita di una delle figure più importanti della musica classica e, soprattutto, del pianoforte. Franz Liszt nacque il 22 ottobre 1811 a Doborjan, in Ungheria (successivamente la città fu annessa col nome di Raiding all’impero austriaco), da una famiglia di origine tedesca. Fin da piccolo mostrò un talento di esecutore e improvvisatore fuori dal comune; se ne accorse addirittura Beethoven che, durante una sua esibizione a Vienna, salì sul palco ad abbracciarlo calorosamente. E Beethoven infatti non si sbagliò: Franz Liszt rivoluzionò ogni aspetto della musica, dall’uso degli strumenti alla struttura delle forme musicali, dal rapporto col pubblico alla figura del musicista stesso.

Il maestro ungherese, in giovane età, decise di intraprendere la carriera di virtuoso del pianoforte, sull’esempio del violinista Paganini. Quindi, compiendo innumerevoli viaggi in giro per l’Europa (che oggi definiremmo“tour musicale”) e mettendo da parte la composizione, riuscì non solo ad ottenere una grandissima notorietà, ma sopratutto sviluppò doti tecniche e mnemoniche che mai nessuno prima aveva pensato di poter mettere in pratica; ad esempio lui fu il primo musicista che durante le sue rappresentazioni eseguiva il programma a memoria, e questo stile esecutivo è oggi utilizzato dalla quasi totalità dei musicisti solisti.

Secondo Liszt un’importanza fondamentale di ogni esecuzione risiedeva non solo nella musica, ma anche nel pubblico. L’ascoltatore doveva essere coinvolto, doveva esternare le proprie emozioni e per poter riuscirci la musica doveva essere modellata secondo i gusti e le aspettative dell’ascoltatore stesso. Il patrimonio più prezioso lasciatoci dal maestro, ovviamente, è quello riguardante la musica vera e propria. Durante i suoi pellegrinaggi in giro per l’Europa si dedicò allo studio delle partiture di quasi tutti gli strumenti e questo gli consentì di operare innovazioni non solo al pianoforte, ma anche su organici più numerosi e di vario genere strumentale.

L’aspetto più importante della sua musica di tipo orchestrale risiede certamente nella ideazione del “poema sinfonico”. Tale stile compositivo si basa sulla creazione di brani musicali prendendo spunto da una composizione letteraria: grazie a questo il musicista si divincola dalle rigide forme delle strutture compositive e lascia che la composizione sia frutto della propria ispirazione, della propria interpretazione del poema letterario. Liszt scrisse 13 poemi sinfonici e altre opere sinfonico-vocali, come ad esempio la Dante-Symphonie ispirata proprio dalla celebre Divina Commedia di Dante Alighieri.

Per quanto concerne invece il Liszt pianista c’è ben poco da dire: è palesemente il migliore di tutti i tempi. Le sue composizioni per pianoforte sono tempeste di note che ricoprono tutta la tastiera e mettono a dura prova le mani e la mente dell’esecutore. Tal volta è evidente la sua attenzione compositiva rivolta alla tecnica, come negli Studi Trascendentali, altre volte invece è dominante la melodia, come nelle 19 Rapsodie Ungheresi.

Durante i suoi ultimi anni di vita ritrovò la fede che, in giovane età, a causa delle opere letterarie riguardanti Mefistofele e della passione carnale che lo trasportava da una relazione all’altra, aveva smarrito. Divenne abate della Chiesa Cattolica e si concentrò sulla composizione di musica sacra, volendo questa volta seguire le orme di Palestrina. Non vi riuscì, probabilmente a causa della sua tendenza verso una musica non completamente razionale. Quel briciolo di follia che lo caratterizzava non fu mai accettato dalla Chiesa.

Manuele Foti -ilmegafono.org