Tempo di caldo e di serate estive interminabili. Per queste consigliamo “Hernann” l’ultimo (il terzo) album di un artista che merita sicuramente l’attenzione nostra e di tutti: Paolo Benvegnù. Musicista, da anni ha intrapreso la carriera musicale, iniziando con gli Scisma nel 1993, con i quali ha pubblicato gli album “Bombardano Cortina (1995), “Rosemary Plexiglas” (1997) e “Armstrong” (1999), per poi optare per la carriera solista all’indomani dello scioglimento del gruppo, nel 2000. Un vero cantautore che si inserisce nel solco tutto italiano di questo genere.

Il nostro Paese ha saputo dare tantissimo a chi intraprendeva la carriera a metà tra il cantastorie e l’urlatore. Soprattutto come spunti. L’eterna conflittualità sociale che percorre le vene di questo Stivale, i disagi, i panorami, la gente e le sue stranezze, i piccoli paesi in provincia, la tensione verso la globalizzazione che scozza contro la tradizione. Tutto questo rientra nella musica del solista milanese. Una voce calda, delicata, che sa prendersi le sue libertà. Moses ha un sound cupo ma fantastico che denota grande attenzione per i dettagli.

Benvegnù prende l’idea del personaggio biblico, guida e padre in terra di un popolo a contatto diretto con il divino. Personaggio a metà tra il cielo e la terra da cui si stacca per salire sulla montagna. “Ma sotto i cieli immensi c’è una terra da spartire e infliggere le regole, distruggere per costruire, davanti ai cieli immensi che non puoi desiderare infliggi le tue regole, distruggere per conquistare”. La tensione e la conflittualità della guida a cavallo di due idee inconciliabili: la terra e le regole terrene contro i cieli immensi che sono la nostra più grande aspirazione.

Love is talking, storia della civiltà tra guerra e dolore e poesia di fronte all’indifferenza del sole che sorge all’alba. Quasi una preghiera è invece Avanzate Ascoltate: “Anima, ascoltate lasciate le menzogne agli uomini e le poesie alle ombre, come visioni colte con fatica, eliminate la speranza che serve solo a lamentare il limite e a comprare i sogni”. Andromeda Maria è invece un inno alla donna. Non a caso il titolo è a metà tra paganesimo e cristianesimo, le due ovaie della nostra cultura, i fianchi da cui sono nate poesia e prosa, pittura e scultura e ora la musica.

“Nel sangue dei profeti una spada vive di incomprensione, gli disse la sposa tendendo le gambe e curvandosi al suolo: io sono l’invenzione che salva e ti sfugge, tu sei le armi che porti sui fianchi trascinandoti nella polvere”. Quella di Benvegnù è una poesia alta nei testi magistralmente accompagnati dallo strumento. Parole antiche, come “padri” e “figli” nella loro accezione antica, e gli infiniti rimandi colti ma non presuntuosi alle nostre origini. È una poesia difficile, da intenditori, che non si lascia capire al primo passaggio. È una musica da comprendere, da ascoltare, una fenomenologia della nostra anima.

Penna Bianca –ilmegafono.org