A Roma l’acqua, in fondo, non fa danno. L’ultima volta che nella Capitale si è parlato di rischio, in mezzo a un temporale, c’erano i turisti che facevano le foto al Tevere che gorgogliava. A considerare le cose così, allora puoi quasi quasi non crocifiggerli, quelli che siedono ai posti di comando, partiti da Palermo con la valigia di pelle (il cartone non l’hanno visto mai). Ti dici che non capiscono, perché si tratta di gente che per comprendere ha bisogno di vedere.  Sorte di san Tommaso dei tempi moderni, ingenui e miti che non credono senza la certezza tattile o visiva. Però poi ti affacci sul nordest dell’Isola, ai bordi dello Ionio, e la prospettiva cambia. Vedi che i borghi centenari, magari quasi millenari, che portano il nome di Scaletta Zanclea, Itala, Altolia, Briga, Guidomandri, Molino, Pezzolo, Ponte Schiavo, Santa Margherita scendono in piazza, camminano e guardano il cielo senza luce negli occhi. Lì non c’è scampo per la ragione: a Roma non possono non capire, non sapere, non decidere. Eppure è così.

Neanche due anni e mezzo fa l’acqua strappava le vite da dentro le case, animata dalla morte come in un romanzo di Allan Poe. La gente veniva ridotta a briciole sulla terra dalla forza della natura. Una punizione enorme per chi non ha considerato il caso permettendo che la vita fosse facile: ne hanno fatto le spese soprattutto gli ultimi, quelli che vanno avanti senza fare troppe domande. Poi si è fatto vivo il Governo, che li ha pure sgridati con un “ve la siete cercata”. Hanno fatto fatica lì, da Giampilieri, Scaletta e compagnia bella, per dimostrare che non era così. Hanno fatto fatica perché mai hanno risposto ad una autorità, perché l’autorità li accontentava e copriva tutto con le parole. In qualche modo ci sono riusciti a farsi dar ragione, ma niente più che proclami hanno ottenuto. E adesso, col decreto dei vantaggi per pochi, di vantaggi non ne hanno avuto nessuno.

Fa specie vedere i siciliani seduti a Roma non alzare un dito contro il Milleproroghe, e addirittura sapere che qualcuno si è detto soddisfatto per i dieci milioni di euro stanziati per l’emergenza in Sicilia. Dieci milioni contro i centosettanta richiesti. Hanno riso in faccia alla Sicilia mentre il cielo – paradosso divino – continua a mandare acqua su tutta Italia. La manda, ma se ne accorgono sempre poco. C’è voluto il record della bora di Trieste perché i canali nazionali (quelli in chiaro, si badi), mandassero le immagini delle auto travolte dall’acqua a San Fratello. Non c’è stato il morto, stavolta. E allora magari la notizia non faceva gola. Magari non valeva centosettantamilioni di euro. Magari neanche dieci, di milioni. Si potesse pesare la dignità, su una bilancia commerciale, avremmo i valori invertiti.

Sebastiano Ambra -ilmegafono.org