L’Arno, il lungarno i palazzi settecenteschi sulle sponde. Firenze? No, troppo famosa. Diciamo Pisa e mettiamoci anche la provincia. Se mai vi capiterà di passarci vedrete un pezzo di Toscana meno lustro delle colline senesi, meno conosciuto del chianti, meno grezzo della Maremma a sud. Eppure nella provincia che si estende fin sotto la Torre, vive un animo artistico verace e profondo. Ne volete le prove? Prendete i Gatti Mezzi, un duo orgogliosamente pisano. Già dal nome si intuisce un po’ di che pasta sono fatti. Mezzo in toscano significa “bagnato” oppure, accompagnato dall’aggettivo di facile comprensione briaho, vuole dire appunto ubriaco fradicio. Dell’accezione specifica ne sappiamo poco, aspettiamo un’intervista con gli interessati per saperne di più.

Ma quanto detto ci basta. Perché i Gatti mischiano al loro interno la vivacità irriverente e scherzosa della Toscana più intensa con un blues di classe. Di classe nel senso ricercato, attento ma senza spocchia. Francesco Bottai (chitarra e voce) e Tommaso Novi (pianoforte, voce e fischio) regalano al pubblico ascoltatore un suono raffinato frutto di studi e di ricerche. Nascono nel 2005 sui prati di Piazza dei Miracoli e cominciano a comporre. Nel 2006 esce il loro primo album “Anco alla puce ni viene la tosse”. Potrebbero essere uno dei tanti, seppur importanti, fenomeni locali di musica apprezzabile e rilevante.

Ma i Gatti Mezzi, pur senza occupare le pagine di giornali e di classifiche, nella loro storia hanno conosciuto importanti collaborazioni con artisti di fama internazionale. Basti ricordare Bobo Rondelli, musicista jazz livornese. Quanto ai pezzi proponiamo una track-list interessante. Partiamo da Cacciucco Blues, forse la più famosa da Lavoria a Buti, da Castiglioncello a Cascina. Una sorta di rivincita pisana verso gli “odiati” vicini livornesi, da sempre pronti a etichettare, più o meno scherzosamente, chi vive all’ombra della Torre con i migliori epiteti. I Gatti Mezzi girano la frittata.

Su uno sfondo blues intenso e piacevole, cantano: “E guardando i quattro mori tristemente ti consoli, mentre ir tuo pensiero corre a chi ‘nvece cià la torre. ma non porre ‘r paragone son du’ tipi di persone per fortuna non uguali i pisani e i portuali”. Da ascoltare anche la dolce Sott’Arno stasera su uno swing lento e cadenzato che ci porta lungo il fiume che attraversa anche Firenze. E poi la divertente Bimbetto scalmanato, storia di genitori alle prese con un bambino sin troppo vivace. Nuovi, seppur con profonde radici nel passato, come si può ascoltare in Avanzi di balera. I Gatti Mezzi ci piacciono per il loro sperimentalismo e per la loro voglia di addentrarsi in un territorio musicale di certo non facile per il mainstream.

Eppure mantengono quella popolarità indispensabile per arrivare diretti e sinceri al pubblico. Colti, raffinati ma ironici. Senza volgarità, leggeri come un giro di liscio alla sagra dell’Unità. Ma profondi e ricercati come un Bordeaux d’annata e un vinile di Coltrane. Sono una della facce che ci piace di più di quest’Italia: simpatica ma intelligente, senza scadere nella banalità che ci circonda. Unica pecca: un po’ difficili da cogliere al volo i testi per chi non è della regione di Dante. Per il resto è un piacere ascoltarli, sorridere e godersi della buona musica in salsa pisana.

Penna Bianca –ilmegafono.org