Il caso della scoperta in Germania di un’elevata quantità di diossina nei mangimi ha creato panico e allarme, anche al di fuori dei confini tedeschi, dove i prodotti a rischio di contaminazione, come  uova, carni e latte potrebbero giungere o sono già giunti. Le autorità tedesche, dal canto loro, hanno decretato la chiusura immediata di oltre 4000 allevamenti.. La quantità di diossina (una sostanza altamente tossica che colpisce in modo persistente gli organismi) riscontrata ha raggiunto livelli record. Negli ultimi test, infatti, il livello di diossina misurato nei mangimi superava di oltre 70 volte la soglia massima consentita dalla legge. La notizia, come detto, ha messo in allerta gli altri paesi europei, in particolare Olanda e Gran Bretagna, dove è stato accertato che i prodotti contaminati sono arrivati.

In Italia, invece, la  situazione sembra essere sotto controllo. Il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha garantito la salubrità delle uova italiane e l’efficienza dei controlli sul latte prodotto in Germania. Il dottor Bartolomeo Griglio, presidente dell’Aivemp (Associazione italiana veterinari medicina pubblica), concorda con il ministro Fazio, quando dice che “i consumatori italiani non corrono rischi”. Questo perché “dalle indagini eseguite fino ad ora dalle autorità di controllo, attraverso la verifica dei documenti in possesso dei produttori, è emerso che il cibo contaminato è giunto solo in Olanda e, in parte, nel Regno Unito. In Italia non è arrivato nessun prodotto alla diossina”.

La certezza deriva dal fatto che il controllo dei documenti commerciali permette di certificare la tracciabilità dei prodotti: “Secondo quanto stabilito dal regolamento europeo 178/2002 – afferma il dottore – tutti i produttori devono adottare strumenti di tracciabilità che consentano di individuare l’origine del prodotto”. In Italia i controlli sulle diossine e sui Pcb (Policlorobifenili) vengono realizzati dalle Asl e dai laboratori degli istituti di zoo profilassi, attraverso l’esecuzione di piani di controllo annuali. Può capitare che a volte “si riscontrano livelli un po’ più elevati della soglia consentita, soprattutto negli alimenti di provenienza straniera, come alcuni salmonidi”.

Il presidente dell’Aivemp ci spiega qual è a suo parere il problema di fondo: “In alcuni paesi europei si utilizzano gli scarti industriali per la produzione di mangimi. Addirittura scarti derivanti dall’industria farmaceutica vengono mischiati al mangime. L’animale così diventa una sorta di strumento di smaltimento di questi rifiuti. Qualche anno fa in Olanda ci furono polemiche aspre sull’utilizzo di scarti in mangimi contaminati da diossina. In Italia questo non accade, perché si utilizzano solo prodotti di qualità assolutamente naturali (farina di cereali, fieno, ecc.)”.

Ma quali sarebbero gli effetti sulla salute dei consumatori qualora ingerissero alimenti contaminati da alte soglie di diossina? “I danni – risponde Griglio – si manifestano a seguito di esposizioni a lungo termine. La lunga esposizione ad alti livelli di diossina facilita la produzione di cellule cancerogene e determina conseguenze gravissime al sistema immunitario, riproduttivo, endocrino e nervoso. In Italia abbiamo aree più esposte alla diossina, come Seveso o Taranto o la Val di Susa, ma i rischi sono ridotti al minimo, perché in queste zone, come ad esempio Seveso, le misure precauzionali ed i controlli sono elevati”.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org