Qualcuno pensava che in questo Paese fosse possibile che la politica si fermasse subito a riflettere dinnanzi alle proteste, ai tetti ed ai monumenti occupati, alle piazze piene di studenti, insegnanti, ricercatori, tutti uniti nel chiedere al Parlamento, organo elettivo pensato originariamente per tutelare gli interessi dei cittadini, di fermare una riforma scellerata, elitaria, mascherata di falso progressismo e, in realtà, conservatrice, diseguale, antidemocratica. Come la maggior parte di noi immaginava, invece, la politica ha tentennato e si è fermata soltanto dopo che la protesta ha mostrato di non volersi placare nemmeno per un attimo. Ed è stato uno stop solo per ragioni di calcolo, perché non va dimenticato che il ddl Gelmini è stato approvato anche alla Camera, con ampia maggioranza, grazie soprattutto al determinante contributo di Fli. Il partito del presidente Fini ha giudicato positivamente la riforma e l’ha votata. Niente da eccepire, considerato che si tratta di un partito che fa parte della maggioranza uscita dalle urne.

Lo stesso Fini, inoltre, aveva già espresso la sua posizione favorevole, suggerendo agli studenti di non opporsi al provvedimento, ma semmai di mantenere alta la guardia sulla sua effettiva attuazione. Qualcuno si è stupito, si è sentito deluso dalla nuova formazione nata da una costola del Pdl. E perché mai? Mettiamocelo bene in testa: Fli non è il partito che cambierà l’Italia in meglio, non è il salvatore della democrazia, né una forza progressista e riformista. Gli uomini sono gli stessi che hanno appoggiato per anni Berlusconi senza mai troppo sdegnarsi di fronte agli errori ed alle ingiustizie che il governo ha commesso in ogni ambito, dall’economia, la lavoro, alla lotta alla mafia, alla questione immigrazione e diritti umani, alla cultura ed all’istruzione. Davanti all’arroganza del premier e del ministro Gelmini, la risposta di Fli è stata quella di appoggiare uno dei provvedimenti più disastrosi dell’attuale legislatura. E dire che si tratta degli eredi di quel Gentile che mise a punto una riforma dell’istruzione nazionale davvero innovativa e valida.

Poco conta che abbiano detto che il testo andasse migliorato e che, ora, si sia espresso parere favorevole  allo slittamento del voto al Senato dopo il 14 dicembre, data in cui si voterà la fiducia a Berlusconi. La questione di fondo è che la scelta di Fini e dei suoi nulla ha a che vedere con le idee, con le linee programmatiche, con la tradizione culturale del suo partito. L’unica ragione è la tattica. Una strategia che va avanti da tempo, da troppo tempo, e che sta sacrificando il bene comune a logiche di calcolo elettorale e di peso politico. Votare il no alla riforma Gelmini avrebbe significato anticipare la fine del governo Berlusconi, modificando i piani di Fini, il quale, temporeggia per far crescere ancor più la forza del suo partito e per stabilire e fortificare le alleanze e i rapporti con le aree più moderate in vista dell’ormai scontato ritorno alle urne. Un braccio di ferro, quello di Fli, che però sta costando caro all’Italia. L’attesa lenta prima della sfiducia rischia di portare altri danni, altre ferite a cui poi bisognerà dedicare tempo e soldi per rimediare.

Il Paese ha bisogno che questo governo non duri un giorno di più e, soprattutto, non ottenga favori come questo. È ormai chiaro che c’è uno stacco netto tra le esigenze dei cittadini e i giochetti di potere del mondo politico. Anche la Lega, che tanto diversa si sente rispetto al “teatrino della vecchia politica”, prima vota compatta con il governo, poi però, con l’ipocrisia che le è propria, ammette, per bocca di Bossi, che i ragazzi qualche ragione di protestare ce l’hanno. La solita balla leghista: sta con il potere, incamera soldi, propone leggi assurde, però poi si mette in qualche modo dalla parte del popolo. E il popolo spesso ci casca. Ma non tutti, perché chi sta protestando non ha tempo per le parole di facciata, per i mea culpa finti, per la propaganda. Chi protesta ha sangue e cuore, vive sulla propria pelle l’angoscia, la precarietà, l’assenza di prospettive, la voglia di un’università migliore, che dia a tutti uguali possibilità di giocarsi il proprio talento.

Un talento che non può essere sprecato per colpa di un moderno Trimalcione e della sua accolita di amanti e lacchè, né per via di strateghi che, con spaventosa freddezza, fanno il conto di quante vittime si possano sacrificare per vincere questa guerra di potere. Speriamo davvero che la protesta non si fermi nemmeno adesso, come dichiarano molti di coloro che da mesi combattono cercando di far capire all’Italia, sempre più distratta e indifferente, che non è una battaglia settoriale, ma collettiva, civile, che guarda al futuro di tutti, dell’intero Paese. Un Paese ancora guidato da un satrapo volgare, il quale, invece di rispondere alle domande di migliaia di giovani, che chiedono di studiare e di avere opportunità future, preferisce dar loro il consiglio cafone di pensare più a corteggiare le donne e meno a protestare, esattamente come faceva lui alla loro età (oggi non le corteggia più, a quanto pare preferisce pagarle).

A voi ragazzi che siete stati offesi, derisi da queste parole urticanti e fuori luogo, diciamo di respingerle con forza, di continuare a lottare, perché serve a cambiare le cose, come dimostra lo stop alla riforma, di sentirvi orgogliosi di impiegare il vostro tempo per una battaglia di civiltà e di democrazia, piuttosto che guardare le tv del Capo o pensare esclusivamente a “far la corte” alle ragazze o a che vestito indossare il sabato sera. Berlusconi vi dice che alla vostra età faceva altre cose? Bene, se voi continuerete a fare l’esatto contrario vorrà dire che avete già ben capito quali siano gli esempi da scegliere e da seguire.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org