Il titolo scelto ci sembra interpretare al meglio il sentimento dei giovani che in questa settimana hanno messo a soqquadro l’Italia. Torino, Milano, Pisa, Firenze, Triste, Ancona, Genova, Napoli, Palermo, Bari, Bologna. Qualcosa si è rotto nell’equilibrio “non-equilibrio” imposto da questo governo. In tutto il Paese c’è un’aria che profuma di mutamento e movimento. Ma cosa è successo? Prendiamo Pisa. A inizio autunno, a causa dei tagli di bilancio, il DSU si è visto costretto a chiudere, a partire da gennaio prossimo, una delle tre mense universitarie con relativi aumenti nelle altre due e disagi per chi di quel servizio faceva uso. Ma l’arrivo della riforma in Parlamento ha scatenato quello che si pensava non potesse succedere. Nonostante le occupazioni, le difficoltà e gli scioperi dei ricercatori di inizio anno accademico, la situazione, stando ai media, sembrava tornata a una pseudo normalità . Sbagliato. Poche ore e gli studenti vanno in piazza.

Lo scorso mercoledì mattina Pisa si è trovata divisa in due. Bloccati tutti i ponti sull’Arno che collegano le due sponde del fiume e quindi della città. In mezzo centinaia, si dice duemila studenti, a occupare quei ponti. Ma non finisce qui. Il corteo si sposta alla stazione ma non riesce a entrare. Il corteo è camaleontico, non si ferma, c’è bisogno di farsi sentire. Chi non vuol sentire si trova sempre qualcuno a urlare. E a Pisa non ci hanno pensato un attimo. Tutti insieme all’aereoporto, prima al terminal poi in pista dove hanno bloccato 12 voli. Un fronte compatto di studenti a cui partecipano tutte le facoltà tra cui anche la Normale. Gli studenti pisani non si arrendono. Giovedì mattina tocca a uno dei luoghi simbolo della città e del nostro Paese: la torre pendente. Là, in mezzo a turisti stupiti e disorientati, gli universitari riempiono come un fiume Piazza dei Miracoli e salgono sulla torre, occupandola per venti minuti. Una serie di atti eclatanti perché hanno capito come funziona. Se vuoi che ti vedano devi fare qualcosa di straordinario.

Al solito corteo non si bada più, al limite vola qualche manganellata che passa di sfuggita in un servizio. Allora si prende uno dei luoghi simbolo, il laboratorio all’aperto di Galileo. Loro non ci stanno. Ma forse ridurre la protesta sotto il semplice “no al ddl” per quanto giusto è riduttivo. Una generazione di universitari non ne può più. Quei ragazzi in piazza non ci stanno a studiare per lavorare in un call-center, non ci stanno a umiliarsi per pagare le pensioni da nababbi dei predecessori. Vogliono un futuro, vogliono una speranza. Nessuno gliela offre? Bene, loro se la prendono. La forza delle manifestazioni come quella pisana è evidente. L’imbarazzo, il nervosismo del governo e della politica sono emblematici. Balbettano le solite frasi di circostanza, proclamano il pugno di ferro e si lasciano scappare qualche parola di troppo. Il grande fratello vacilla. La Gelmini si vota contro, Schifani dice “ci scappa il morto”, il burattino Fede propone il manganello. Il potere si rivolge alla violenza quando è in difficoltà.

E il movimento degli studenti medi ce l’ha messo sul serio. Pensavano che dormissero sonni leggeri, pensavano che si sarebbero lasciati scivolare tutto addosso, si aspettavano qualche corteo e qualche urlo. Sbagliato ancora. La società civile tutta dovrebbe essere con loro. Gli studenti in piazza sono i cervelli che amano questo Paese. Sono quelli che vorrebbero mettere la loro conoscenza a disposizione dell’Italia, per loro e per il futuro. Hanno capito che frasi come “voi siete importanti”, “voi giovani siete la nostra speranza”, sono solo ipocrisie. Ci saranno sicuramente tentativi di delegittimazione (infiltrati che sobillano violenza gratuita) o forse sono già iniziati. Ma voi ragazze e ragazzi non fermatevi, per favore no.

Penna Bianca –ilmegafono.org