Secondo quanto scoperto dal quotidiano “Il Foglio” attraverso la consultazione degli archivi on-line, il Movimento Cinque Stelle avrebbe modificato i programmi che erano stati votati dagli iscritti. Ne è nata subito una querelle sulla veridicità di quanto denunciato e, argomenti alla mano, le risposte e le prove addotte dal giornale diretto da Claudio Cerasa sembrano nettamente più convincenti. Di certo i programmi hanno subito modifiche. E già su questo ci si potrebbe chiedere, all’insegna della tanto proclamata trasparenza, se ne sia stata data sufficiente e puntuale informazione, indipendentemente dall’entità delle modifiche.  Per un movimento che stabilisce un vincolo di mandato, con multa da 100.000 euro in caso di violazione, sembrerebbe il minimo.

L’entità delle modifiche apportate, peraltro, non sembra limitata. La verbosità della nostra lingua, senza bisogno di essere laureati in semiologia, lascia evidentemente spazio a interpretazioni lasche. Proprio per questo i programmi dovrebbero essere chiari. Sostituire delle frasi, trasformandole quasi in burocratese, genera un sospetto di modifica profonda su tutta la linea. Ma perché interessa questa vicenda? Per un motivo semplice e al contempo inquietante. Se da una parte si sbandierano la partecipazione, la votazione collettiva, la scelta dei programmi e la democrazia diretta, dall’altra si cambiano i programmi alla chetichella.

Soprattutto considerando che la risposta raffazzonata partorita dalle colonne del sacro blog pare una buca peggiore della toppa. «Agli iscritti abbiamo sottoposto un programma provvisorio», dicono. Ma voi lo votereste un referendum con un quesito provvisorio? Ad ogni modo, sono le questioni di merito quelle che spaventano di più. Da onestà esibita a mossette democristiane come quella dell’editing di concetti attraverso le parole. Non vogliamo fare gli azzeccagarbugli, ma per un movimento abituato parlare senza peli sulla lingua certe perifrasi di andreottiana memoria stonano un po’.

Anche sforzandoci di pensare che le modifiche intervenute siano minime e che Il Foglio (accusato di non essere stato mai tenero con i Cinque Stelle) voglia danneggiare il movimento, nasce comunque un’inquietudine che ci porta a rispolverare un libro dallo scaffale e ad assaporarne alcuni passaggi.

«Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato», leggiamo. Il rischio, anche per chi avesse peccato di ingenuità, è cadere in questa pericolosa trappola. Confondere i fatti e il passato di solito genera mostri. E ancora: «l’incapacità di comprendere salvaguardava la loro integrità mentale. Ingoiavano tutto, senza batter ciglio, e ciò che ingoiavano non le faceva soffrire perché non lasciava traccia alcuna, allo stesso modo in cui un chicco di grano passa indigerito attraverso il corpo di un uccello». Questo forse è il rischio che si corre quando, magari per leggerezza, si rischia di fare gravi errori e non si dà il peso giusto alle cose e alle parole.

«Libertà è la libertà di dire che due più due fa quattro. Garantito ciò, tutto il resto ne consegue naturalmente», continua. È necessario stabilire una verità, precisa, per la difesa della libertà. Il rimpallo di dichiarazioni e smentite, invece, crea confusione e la confusione su certi temi uccide la libertà. «Che cosa succede, se il passato e il mondo esterno esistono solo nella vostra mente e la vostra mente è sotto controllo?», scrive il celebre autore. Il quesito andrebbe posto a Facebook, Twitter, a Cambridge Analytica e a chiunque orienti la nostra mente semplicemente scegliendo il dardo da scagliarci contro, come un Cupido dell’era virtuale.

Il libro, siamo sicuri che l’abbiate riconosciuto (vi diamo un indizio: è di George Orwell), era un esempio di distopia. L’etimo sta a significare un luogo del tutto spiacevole e indesiderabile. Un luogo immaginario, che speriamo resti tale.

PennaBianca -ilmegafono.org