A quanti di voi sarà capitato di subire una censura da parte del “social” più famoso del mondo? Accade spesso di sentire utenti lamentarsi per post o foto cancellate, o addirittura per profili sospesi da Facebook. In molti casi la censura è d’obbligo.

Quando si ha infatti a che fare con post razzisti che incitano all’odio o in cui si mostrano armi da fuoco si può ritenere giusto esercitare un certo controllo, ma quando a farne le spese sono capolavori famosissimi dell’arte di tutti i tempi come “La camera degli sposi” di Mantegna o “L’origine del mondo” di Courbet o, ancora, la povera statua di Nettuno a Bologna, per citare solo tre dei moltissimi casi di opere d’arte censurate dal celebre social network, allora dovremmo cominciare a ragionare sulla libertà di espressione del cittadino e sul distacco dei gestori dei social dalla realtà che circonda le persone che frequentano internet.

È assurdo, infatti, che opere d’arte storicizzate e celebri, oltre che rappresentative del carattere della popolazione che le detiene, vengano messe allo stesso livello di foto pornografiche da quattro soldi. Di recente c’è stata una sentenza molto importante per il pubblico dei social su questo argomento: un tribunale francese ha sentenziato che “Facebook ha sbagliato esercitando il suo diritto di chiusura dell’account del signor Durand senza dare alcuna giustificazione né preavviso”.

Il signor Durand si è visto chiudere il proprio profilo Facebook solo per aver pubblicato una foto del celebre dipinto di Courbet, “L’origine del mondo” per pubblicizzare la mostra del suddetto artista. Non contento del trattamento ricevuto ha fatto causa a Facebook creando un precedente giudiziario importante sull’argomento. L’avvocato del signor Durand aveva anche chiesto un risarcimento di 25.000 euro che però non è stato accordato al denunciante, che dichiara di ricorrere in appello.

Al di là del contenzioso sul risarcimento, resta l’assurdo di questa vicenda. Paragonare il porno al “sublime” è grottesco e perfino offensivo per la nostra cultura, la nostra arte e le nostre radici e ridicolizza un patrimonio culturale che invece dovrebbe essere maggiormente pubblicizzato agli occhi dei più giovani.

Angelo De Grande -ilmegafono.org