Una mente illuminata, dopo decenni di esperienza in qualità di giornalista di guerra in giro per il mondo, diceva che, alla fine, l’unica rivoluzione possibile è quella interiore: il lavoro più arduo da fare è quello su se stessi. Probabilmente non siamo mai stati così liberi come lo siamo in questi anni: liberi di esprimerci, di creare, imparare, spostarci come e quando ci pare, di formarci un’opinione. Tutta una serie di strumenti di cui, in altre epoche, non si disponeva e che sarebbero di grande efficacia per quel laborioso ma utile lavoro su noi stessi. Eppure, paradossalmente, in questa società i cui confini tra la sfera pubblica e la sfera privata o tra il politicamente corretto e le verità scomode da denunciare sono sempre più liquidi, una grande confusione regna sovrana. E di questa libertà spesso non sappiamo bene cosa farcene.

Due episodi recenti, avvenuti nel mondo dello spettacolo e dello sport, che in apparenza nulla c’entrano l’uno con l’altro, dovrebbero però far riflettere. È utile ogni tanto fermarsi e cercare di indagare se, dietro fatti o parole a prima vista futili, non si nasconda per caso, subdolamente, una realtà molto più rudimentale di quella che siamo soliti  raccontarci.

Gianni Morandi, una foto scomoda e grandi risate. Gianni, influencer affermato e mito nazionalpopolare, cavalcando l’onda di una foto scattata e pubblicata poi sul web da una sua “fan” che lo ritrae, visibilmente irritato, nella toilette di un autogrill, decide, con astuzia e questo gli va riconosciuto, di trasformare l’inconveniente in un punto di forza, usando la solita (anche facile) ironia da social network. Nell’era dei big data i numeri pesano più di ogni altra cosa: quasi 70 mila like e oltre 3 mila condivisioni del post in questione sono prove inconfutabili di un successo consolidato.

Ironia, sarcasmo, quel “non prendersi troppo sul serio” e semplificazione: sono questi gli ingredienti magici da saper usare e dosare bene per costruire un’immagine di successo di un brand o di un personaggio pubblico. L’autoironia poi, è risaputo, è sintomo di grande intelligenza. Gianni, o chi per lui, lo sa bene. Lecito e legittimo, ci mancherebbe.

Ma quest’episodio, in particolare, poteva forse essere anche una buona occasione per fare una riflessione un po’ più profonda. Proviamo a fare un piccolo esercizio di ginnastica mentale: sostituiamo il nome di Gianni Morandi con quello di una donna nota, a piacimento. Una donna, per di più famosa, in quel contesto, l’ironia difficilmente l’avrebbe potuta utilizzare perché si sarebbe trovata in una situazione palesemente sconveniente. Una tale bravata non avrebbe certo giovato alla sua immagine. Sarebbero scattate denunce, si sarebbe parlato di violazione della privacy.

Se un uomo avrà la possibilità quasi di vantarsene (di certo non ne uscirà leso, anzi, la sua quotazione nella borsa delle web reputation rischierebbe di subire una crescita esponenziale), una donna invece sarà costretta a difendersi, dovrà fare i conti con danni certi. Stessa circostanza, differenze sostanziali. Piani diversi. Un’occasione mancata, forse, per sottolineare un utilizzo scriteriato e anche pericoloso dei social, delle libertà. Ma perché rischiare? Si sa, l’ironia conquista consensi, specie nel favoloso mondo del web. E poi, come giustamente dice Gianni, “ci sono cose più gravi nella vita”. E non ha certo tutti i torti.

Sei una donna, sei carina, quindi… Inter – Napoli, conferenza stampa post partita. “Mister, sono troppo dura se dico che stasera lo scudetto è compromesso?”. Attimi di silenzio e poi: “Sei una donna, sei carina, e non ti mando a … proprio per questi due motivi”. Risate generali in tutta la sala. Maurizio Sarri, l’allenatore del Napoli, è stato probabilmente infastidito da una domanda scomoda, ma pertinente e soprattutto non aggressiva o maliziosa.

A leggerla, questa frase potrebbe sembrare fin troppo brutale e prepotente. A guardare bene il video di quella conferenza stampa però, non sembra affatto che l’intenzione fosse quella di offendere gratuitamente una giornalista che stava semplicemente facendo il suo lavoro, piuttosto un tentativo, finito male – con una clamorosa caduta di stile -, di uscire da un’impasse spiacevole. E la via più breve era fare della facile ironia, venuta purtroppo male. Sarri si è personalmente scusato poi con Titti Improta, e pare che fosse davvero mortificato per l’imprevisto scivolone.

Voleva essere una cosa simpatica, se non fosse stata per quell’infelice premessa. Ma negli intenti ci è riuscita. Un’intera sala stampa, fatta – importante sottolinearlo – al 90% da uomini, a sghignazzare. E, al netto del ridurre la questione in essere o non essere permalosi, mi chiedo solo, ma faceva davvero così tanto ridere?

Non sono considerazioni necessariamente femministe queste, intendiamoci, e non si tratta nemmeno di tirare in ballo la cosiddetta politically correctness. Sono osservazioni su una società profondamente in crisi che non sa più identificare certi confini e, a tratti, rischia di diventare poco credibile, una caricatura di se stessa.

Insomma, il caro vecchio buonsenso si perde spesso tra l’urgenza di dare risposte che siano “all’altezza” o “sul pezzo” e intricate strategie di marketing. Bisogna lavorare su se stessi, sempre, ma questo richiede uno sforzo in più. Ci sono momenti e congiunture in cui sarebbe doveroso calibrare gli interventi (e la domanda sorge spontanea poi: c’è proprio bisogno di intervenire sempre, a tutti i costi?), ma soprattutto le reazioni a certi interventi. L’ironia, potentissima arma a portata di tutti, andrebbe dosata con equilibrio, anche solo per conservarne l’efficacia. Non è necessario buttarla sempre per forza in caciara, solo per riempire degli spazi vuoti. Tanto alla fine una risata ci seppellirà comunque.

AdrenAlina -ilmegafono.org