In tutti questi anni abbiamo spesso parlato della capacità della mafia di adattarsi e adeguarsi ai cambiamenti della società, dell’economia o di un dato momento storico in generale. Agli inizi del fenomeno, infatti, il mafioso appariva come il classico siciliano con“coppola e lupara”, uomo violento, spietato e spesso piuttosto ignorante al quale interessava principalmente controllare il proprio territorio geograficamente confinato.

Col passare del tempo, come sappiamo bene, questo scenario si è evoluto e, sebbene in alcune realtà tutto ciò sopravviva ancora, la mafia oggi assume forme e aspetti molto diversi: dall’imprenditoria all’amministrazione pubblica, passando per la politica, l’economia e tanto altro (la cosiddetta area grigia o “borghesia mafiosa”). In poche parole: capire e prevenire i movimenti, le azioni e i progetti di un clan mafioso è diventato sempre più  complicato.

In quest’ultimo periodo, a Marsala, in quella che forse è la terra più fertile d’Italia dal punto di vista agricolo, la mafia ha dimostrato di saper adeguarsi ancora una volta alla realtà economica del luogo: non con il racket, non con lettere intimidatorie o minacce, bensì grazie ad un controllo a tappeto fatto di potere e di influenza. A subire tutto ciò sono i vitivinicoltori, i produttori di vino, i quali da qualche anno a questa parte hanno visto non solo svuotarsi i propri portafogli, ma sono stati addirittura costretti, in molti, a chiudere o svendere la propria attività.

Stando ad una recente inchiesta realizzata da Liberainformazione, che ha raccolto le numerose voci di protesta degli stessi produttori, ogni anno alcuni “sensali” o mediatori si presenterebbero presso le cantine “proponendo” un prezzo identico a tutti (ovviamente basso, quasi irrisorio) così da mantenere un certo trend di clientela. Coloro i quali decidono di non seguire tale “proposta” e, quindi, di vendere il vino al prezzo reale di mercato, rischiano di veder sparire i propri clienti e dover quindi dire addio alla propria impresa. Tali mediatori sono persone spesso in odor di mafia che fanno da tramite tra i grandi produttori di vino e i piccoli vigneti di provincia: in questo modo, le grandi imprese acquistano a basso prezzo il vino dalle cantine per poi destinare una percentuale del ricavato agli stessi mediatori che li proteggono da ogni eventuale “incidente di percorso”.

Una vera e propria “mafia dei vigneti”, insomma, che garantisce prosperità e guadagni ai grandi, ma che al contempo rischia di distruggere le realtà più piccole e più belle della regione. Nel giro di qualche anno, infatti, più del 30% degli agricoltori ha deciso di tirarsi fuori pur di non sottostare alla dura legge mafiosa; ciò ha comportato un calo drastico della produzione di vino e della coltivazione dell’uva in un territorio che vanta alcuni tra i prodotti più buoni dell’intero Paese.

Inoltre, come ha affermato uno dei produttori intervistati, «dal 2000 il prezzo medio di vendita del vino sfuso è sempre scivolato inesorabilmente verso il basso, ma quel che accade è un fatto preciso: ciò che il produttore perde nella vendita, viene tutto guadagnato dalla filiera», permettendo così di alimentare e sorreggere tale pratica criminale. Nonostante nel 2008 l’associazione Libera avesse chiesto alla procura di Marsala di indagare su tale caso, il tutto si chiuse con un’archiviazione che ancora adesso sa di beffa e frustrazione. Ecco perché i pochi produttori intenzionati a protestare e far sentire la propria voce temono che un tentativo simile, oggi, rischierebbe di trasformarsi in un altro terribile fallimento. Per tale motivo sono tanti quelli che, purtroppo, preferiscono il silenzio alla “vergogna” di dover accettare una possibile sconfitta.

È questa, dunque, l’aria che si respira a Marsala e dintorni tra i vigneti e i campi. È questa la situazione tragica nella quale alcuni produttori devono vivere e con la quale devono aver a che fare giorno dopo giorno. Il tutto, ovviamente, sorretto da un imponente e pericoloso immobilismo da parte delle istituzioni che, per pigrizia o per semplice inettitudine, preferiscono volgere lo sguardo altrove, tacere, chiudere occhi ed orecchie e far finta che niente stia succedendo né sia mai accaduto, lasciando così nelle mani di pochi un potere ed una ricchezza acquisiti in maniera ingiusta ed illegale.

Giovanni Dato -ilmegafono.org