La pesca industriale intensiva in Antartide rappresenta un pericolo per l’alimentazione dei pinguini, il cui habitat naturale è proprio la regione antartica. A lanciare l’allarme è Greenpeace, l’associazione ambientalista che più volte ha espresso sconcerto nei confronti di attività umane di questo tipo. Le navi da pesca che solcano le acque del Polo Sud costituiscono una minaccia che nel corso degli anni è diventata ben visibile nel rilievi ambientali e scientifici. Il centro del dibattito è la pesca di krill, una specie di gamberetto di cui l’industria si serve per la preparazione di prodotti alimentari e integratori, vista l’abbondanza di Omega3 tra le sue proprietà.

Il krill è la fonte di nutrimento primaria dei pinguini, ma anche delle foche e delle altre specie antartiche, che di fatto, a causa della pesca industriale, vengono private del sostentamento.  I paesi più attivi sul fronte della pesca industriale sono la Norvegia, la Corea del Sud e la Cina che, come si legge nel rapporto di Greenpeace, praticano l’attività nei pressi delle aree in cui anche le balene cercano cibo e nutrimento.

In “Licence to krill”, questo il nome del rapporto, si legge ancora quanto sia importante la presenza di krill nella catena alimentare e quanto essa già sia una specie a rischio a causa dei mutamenti climatici. Pescare in modo intensivo, inoltre, provocherebbe una vera guerra per la caccia al cibo tra le specie sottoposte a rischio, aumentando il pericolo descritto dagli ambientalisti.

L’invito di Greenpeace è quello di bloccare la pesca industriale di krill e spingere le aziende che si servono di questi prodotti a rivolgersi ad altre fonti. È urgente, quindi, la creazione di un’area protetta in cui le specie antartiche siano tutelate anche dal punto di vista alimentare.

Redazione -ilmegafono.org