Diventerà bellissima, parte 2. A distanza di qualche mese dall’accesissima bagarre elettorale siciliana che ha visto vittorioso Nello Musumeci e il centrodestra, la situazione nell’isola non accenna a migliorare. La percezione di stagnazione è generale. Per carità, non che ci si aspettasse un miracolo: il tempo passato è ancora poco, quindi è più che ragionevole dover concedere un po’ di pazienza. Che la situazione prendesse una brutta piega, però, questo non se lo aspettava quasi nessuno, neppure l’elettore più incazzato con lo stesso Musumeci.

Sì, perché a far prendere delle pieghe “sbagliate”, in Sicilia e non solo, ci vuole ben poco ed è meglio stare all’erta, sempre con le antenne dritte, affinché non si distruggano esperienze e baluardi di legalità di vitale importanza per il futuro dell’isola. La scorsa settimana, la giunta Musumeci ha deciso di cambiare tutti i presidenti degli enti controllati: dai parchi alle associazioni, passando per i consorzi che popolano l’intera isola. La presa di posizione del presidente della Regione, sia chiaro, non trasgredisce alcuna regola; al contrario, la possibilità di nominare nuovi dirigenti è diventata legge in Sicilia proprio lo scorso anno (legge, ad onor di cronaca, voluta dal M5S) ed è conosciuta come “Spoil System”. Ciò permette ad un presidente neoeletto di rimuovere dagli incarichi i dirigenti scelti dalla precedente giunta e di eleggerne di nuovi. Un ricambio insomma.

Quello che però è grave è che tra i dirigenti rimossi vi sia anche Giuseppe Antoci, presidente del parco dei Nebrodi, uomo in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata, lotta che gli è costata un agguato mafioso avvenuto due anni fa, dal quale si salvò per un soffio. Come si ricorderà, infatti, nella notte tra il 17 e il 18 maggio del 2016, la macchina di Antoci, di ritorno da una manifestazione in quel di Cesarò (ME), venne bloccata da dei massi posti sul percorso e prontamente presa di mira da diverse scariche di mitra. Solo il pronto intervento della scorta riuscì ad evitare il peggio, facendo scappare i sicari che avevano deciso di ucciderlo.

Da allora, ovviamente, Antoci rappresenta a tutti gli effetti uno dei simboli più importanti della lotta alla mafia in Sicilia, tanto che, grazie ad un protocollo da lui realizzato qualche anno fa (e adesso applicato in tutta Italia), è stato impedito che i soldi dei fondi europei cadessero, ancora una volta, nelle mani della mafia che pullula, a discapito di quanto affermato da molti, tra il verde dei Nebrodi, zona al centro di mire ed interessi speculativi e criminali.

Ecco perché la scelta di rimuovere (con 6 mesi di anticipo) una figura importantissima sotto tanti aspetti come quella di Giuseppe Antoci risulta inspiegabile, controproducente, ma soprattutto rende quasi evidente il disegno politico irresponsabile messo in atto dal nuovo presidente regionale, il quale, furbescamente, ha comunque affermato che «al momento nomineremo dei funzionari interni in attesa della conclusione delle elezioni politiche, poi faremo le nomine definitive».

Dicevamo di un disegno politico: proprio così, dato che lo stesso Antoci, che avrebbe dovuto far parte della lista delle candidature del PD per le prossime elezioni politiche, non è altro che un avversario (e pure bello tosto) per il presidente Musumeci. Così la pensa il coordinatore nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, il quale ha affermato che “la rimozione di un dirigente modello come Antoci” assume un aspetto scandaloso se si pensa che tale iniziativa viene “da una giunta di centrodestra che dimostra di non avere a cuore la difesa del proprio territorio”.

Insomma, il futuro di questa Sicilia sembra tutto fuorché roseo, soprattutto alla luce di scelte che niente hanno a che vedere col benessere e la speranza di una terra martoriata. Diventerà bellissima, sì, ma agli occhi di chi?

Giovanni Dato -ilmegafono.org