Il tempo è un treno che corre sempre in fretta e a volte ti passa sopra senza riguardo. Guardi fuori dal finestrino e ti accorgi che quel treno ha chiuso le porte a storie e persone, nelle troppe stazioni in cui non si è mai fermato. E, se guardi con attenzione, c’è una stazione per ogni storia e per ogni persona e ognuna di queste racconta qualcosa.

C’è una stazione, dove si affollano i dimenticati, molti di loro non hanno nemmeno una valigia perché non hanno nulla con cui riempirla. Hanno una sola cosa che li accompagna in un viaggio che non ha una meta precisa o una stazione d’arrivo, ma solo un sogno: hanno il ricordo di qualcosa che è stato e non c’è più, hanno il profumo di una terra, la loro, che hanno dovuto lasciare scappando in fretta e furia da guerre, carestie, fame, dittature. Hanno lasciato alle loro spalle solo macerie, sogni e amori distrutti in un attimo. La maggior parte di loro non potrà mai salire su nessun treno, anzi… sono indicati come la causa dei mali che questo mondo non riesce e non vuole combattere. I primi a rifiutarli sono i più ricchi e in tanti casi i più colpevoli di tutto questo (leggi qui).

C’è una stazione, dove i dimenticati hanno un’altra faccia. Hanno la faccia di un libro di storia che in troppi non hanno mai letto o, se lo hanno fatto, è stato con fastidio e comunque lo hanno dimenticato subito: è il libro nero della bestia fascista, nazista e xenofoba che ha riempito le strade e le case del Novecento, in Europa e non solo. Quella bestia è ancora viva, la sua tana non è mai stata distrutta e lei, ora, sta mostrando la sua bava un’altra volta. Qualcuno se ne accorge solo adesso, altri per tanto tempo hanno gridato al vento che non si doveva abbassare la guardia, ma in pochi hanno ascoltato quel grido. Anche quel libro non riuscirà a salire su quel treno, non c’è posto per lui.

A Firenze, nella caserma del 6° Battaglione Toscana dei Carabinieri, una finestra lascia intravedere ai passanti una bandiera della Germania imperiale, una bandiera diventata il simbolo dei gruppi neonazisti antisemiti. Difficile credere che nessuno degli ufficiali di quella caserma non l’avesse mai vista. E, in tutta Europa, queste bandiere tornano a sventolare senza vergogna, tollerate e a volte incoraggiate da Governi e Istituzioni.

C’è una stazione, dove il mondo del lavoro torna a essere un mondo di schiavi, dove solo il profitto ha diritto di cittadinanza. Qualcuno pensa che la “Lotta di Classe” sia una pagina del passato, ma non è così. Oggi ha solo toccato il suo apice, mettendo gli ultimi contro i penultimi. Il “Diritto” ha cambiato strada, per molti è solo una parola lontana dal loro vivere quotidiano. Nelle grandi fabbriche di un tempo le lotte sindacali avevano contribuito a rendere questo Paese migliore di quello che era, oggi Amazon è considerata un’eccellenza. Ma dentro Amazon, a quanto dicono i sindacati, non ci sarebbero troppe tracce del Diritto. Le grandi fabbriche sono scomparse e le poche rimaste stanno prendendo altre strade.

Spicca la parola “eccellenza” anche sulle fabbriche di armi, ed è amarezza che si aggiunge ad amarezza. Da pochi giorni sono passati dieci anni dal rogo di Torino, dentro la fabbrica dimenticata della ThyssenKrupp. Quel giorno l’inferno è sceso in città e si è portato via uomini e storie, sogni e quel soffio di vita che ognuno ha diritto di avere in tasca. Solo dieci anni da quel giorno, l’odore della morte è ancora presente ma quasi nessuno lo sente più. Raffaele Guariniello, magistrato caparbio e tenace che ha dedicato intelligenza e energie alla tutela della salute sul lavoro, che ha inseguito sulle strade del lavoro le ingiustizie e il Diritto, dalle malattie professionali all’amianto, che ha speso le sue ultime forze nel processo ai vertici della ThyssenKrupp, ha dichiarato (leggi qui) che “dieci anni dopo per la Thyssen ingiustizia è fatta. Chi aveva più colpe non sta pagando”.

C’è una stazione, dove la dignità delle persone è rimasta chiusa in sala d’attesa. Nel nostro Paese, e non solo nel nostro Paese, sembra impossibile pensare che tutti possano avere lo stesso diritto ad avere diritti. Si parla di “parità di genere” ma evidentemente per tanti, troppi, le donne sono ancora un genere diverso. E per quei troppi anche gli omosessuali sono un genere diverso, da tenere lontano dalla porta di casa e di cui diffidare. Insomma, parità di genere sì ma … fino a un certo punto, mantenendo le distanze.

In questa stazione la sala d’attesa è gestita da più mani, ognuna di loro ha una chiave che chiude quella porta: quella chiave è in mano alla parte più integralista della Chiesa e di una gran parte del mondo che le gira intorno, è in mano a quella parte di Stato e di potere che non avrà mai nessuna intenzione di andare contro le direttive che più o meno velatamente arrivano dal potere ecclesiastico. C’è sempre un peccato da scontare e per qualcuno è sempre facile e comodo individuare il peccatore.

C’è una stazione, dove i giovani aspettano che si aprano porte chiuse a doppia mandata. A loro si chiedono sacrifici e partecipazione, responsabilità e senso del dovere e si chiede soprattutto di non rompere gli schemi e di aspettare. Aspettare un lavoro che non arriva quasi mai, aspettare e accontentarsi di lavori a termine, di stipendi umilianti, di stage non pagati o sottopagati. E, intanto che aspettano, sono messi ai margini della società e della vita attiva. C’è una classe politica indifferente a questi bisogni ma estremamente attenta e pronta a intervenire ogni volta che si tratta di reprimere la protesta di questo mondo giovanile.

C’è una stazione dove, in un angolo protetto e ben custodito, c’è un armadio che protegge gli scheletri e i segreti dell’Italia Repubblicana. Ci sono le carte del poker giocato al tavolo della Repubblica e la posta è sempre stata alta: trame eversive, tentativi di golpe, stragi di Stato, rapporti fra mafie e Stato, massoneria, segreti bancari e tanto altro letame. Un giorno forse quell’armadio sarà aperto, o forse quel giorno non sarà mai presente in nessun calendario perché farebbe troppo rumore.

Il tempo è un treno che corre, il viaggio è stato lungo e guardare dal finestrino è un esercizio amaro. È ora di scendere dal treno e rifare il viaggio, ripartendo da quelle stazioni dimenticate. È in quelle stazioni che, scavando e cercando, esistono le risposte alle troppe domande in coda nella testa. Qualcuno continuerà il viaggio su quel treno, io scendo. Ci sono stazioni che non possono essere dimenticate, mai.

Maurizio Anelli (Sonda.life) -ilmegafono.org