Il panorama a sinistra, la sinistra del Pd, è variegato. Tanti padri nobili per quella che appare essere una causa comune. Gli elementi che uniscono Civati e il suo Possibile, Fratoianni e Sinistra Italiana, Mdp e Campo progressista sono molti. Divergono solo sulle alleanze. Con degli occhi cinici e, ci perdonerete, superficiali, potremmo dire che somigliano ai giochi dei bambini per cui non ci si parla più.

Per Sinistra Italiana aspettiamo il congresso di inizio dicembre, anche se i temi sembrano definiti: «Per rianimare la democrazia e rilanciare la forza e la vitalità della Costituzione. Per la centralità dei saperi, istruzione e ricerca. Per la dignità del lavoro e un nuovo welfare universale contro diseguaglianze e precarietà. Per la giustizia climatica e la conversione ecologica» (leggi qui la Carta degli impegni). Insomma, tagliando con l’accetta e sintetizzando sono: ecologia, lavoro, istruzione.

Di ecologia e dignità del lavoro scrive anche Articolo 1 – MDP (leggi qui), cavalcando dei temi, se vogliamo, “classici” della sinistra italiana.

Più organico e completo è invece il Manifesto di Possibile (leggi qui), che ha già maturato revisioni e riflessioni da tempo e “sfrutta” dunque un vantaggio di tempistiche. L’approccio è meno programmatico e più concreto ed emergono altri argomenti come la lotta alle rendite, la politica per la pace, la sicurezza, temi che restano comunque assolutamente compatibili, a prima vista, con quelli enunciati da SI e Mdp.

Dal canto suo Campo Progressista si propone come movimento di unione di un nuovo centrosinistra e invita il PD a “invertire” la marcia, ma non condanna a tutto campo il governo. «È necessaria una grande coalizione sociale – scrivono – che metta al centro i diritti delle persone; il diritto al lavoro e i diritti di chi lavora, il diritto al reddito e quello al vivere in un ambiente sano, i diritti civili di ciascuno di poter vivere e morire liberamente, potendo determinare le scelte sulla propria vita, i diritti di cittadinanza».

Il terreno pare condiviso e la difficoltà forse risiede più nel capire se stare o meno con il PD, con Fassino che gira come un vecchio funzionario di un film neorealista nei circoli dei pericolosi sovversivi di sinistra, tutti barbe e capelli lunghi, a cercare un “dialogo” (voce fantozziana). Il che pare abbastanza ridicolo, alla luce di un fatto molto semplice: l’estrema destra dello schieramento politico ha ad oggi delle risposte concrete (ancorché inapplicabili, brutte e spesso denunciate da queste colonne) alle paure dei cittadini, la sinistra, al momento, no.

Magari l’accordo si troverà, l’alleanza sarà fatta e si esprimerà un leader particolarmente carismatico e appassionante, ma per il momento osserviamo che presentarsi divisi sarebbe inutile. Occorre convergere su un nome che rilanci speranza, di governo, e unisca le varie anime. Da troppo tempo si sente parlare del rammarico dei voti sfuggiti a destra. Davvero non si sanno più dare risposte. Certo, è facile dirlo dalle colonne di un settimanale. Si ignorano il lavoro e l’impegno di tanti attivisti, ma proprio per questo la responsabilità è prima di tutto politica.

Peraltro si ha come l’impressione che il valzer delle alleanze non faccia che contribuire ad aumentare la disaffezione degli elettori. Da una parte (a destra) si incentiva la paura e si propongono finte (talvolta assurde) soluzioni, dall’altra parte invece si parla soprattutto se stare o no con Renzi. Si è già perso impostando così la discussione.

Siamo nel solito gioco dei ruoli, la battaglia tra tribù, in questo caso ai margini, della vita politica. Spacciati? Giammai, si spera. Per il momento però tristemente e inutilmente divisi. La traduzione politica degli ideali e dei principi ha, logicamente, uno sviluppo diverso a seconda delle “anime”. Ma in un momento come quello attuale, ha senso dividersi in punta di fioretto? Auto-marginalizzarsi – l’unica vera colpa a sinistra – ha ancora senso? Perpetrare come unico racconto quello dell’opposizione al governo mettendosi, di fatto, dallo stesso lato della Lega di Salvini, ha senso?

Come ebbe a dire Diliberto, «non sono io diventato di estrema sinistra ma gli altri che si sono spostati al centro». C’è il rischio che l’abbiano lasciato solo.

PennaBianca -ilmegafono.org