Lo sciame tossico degli ignoranti non risparmia nessuno, nemmeno i morti che sono a una distanza siderale da loro. Adesso è toccato ad Anna Frank, alla sua immagine, alla sua storia. Una storia che l’accolita di bestie da tifo ha usato a proprio piacimento per denigrare, a loro avviso, una tifoseria avversaria. Non è la prima volta che l’antisemitismo, il razzismo e le marcescenti pseudo-idee fascistoidi riescono a inquinare un contesto sportivo che, almeno in teoria, dovrebbe essere sano e dedicato solo a questioni di campo, di gioco, di tecnica.

Non sarà nemmeno l’ultima, perché al di là delle parole, delle prese di posizione, delle condanne formali del momento, poi si ritorna come sempre al punto di partenza, a quella inerzia che consente a questi “irriducibli” della barbarie di continuare, ripetersi, mostrare fieramente la loro bieca recidività. La retorica e l’abulia dei burocrati del pallone, dello sport e delle istituzioni, infatti, è irritante quasi quanto la stupidità dei bulli da curva che usano la storia e le sue icone drammatiche per vomitare idee spazzate via decenni fa e oggi, purtroppo, tornate in superficie a causa di una visione distorta e debole della democrazia, quella secondo cui l’apologia di una ideologia mostruosa e l’abitudine all’oltraggio debbano essere considerate libero pensiero.

È sempre su questo punto che scivola l’ipocrisia di chi da anni lascia fare, consente, minimizza. E allora diventa assolutamente normale che gli ultras laziali si difendano parlando di sfottò, scherno o gesto goliardico. Così come è assolutamente normale che gli stessi, spalleggiati da altre similari creature da stadio come gli ultras dell’Ascoli (i quali hanno disertato il minuto di silenzio imposto dalla FIGC in memoria della giovane scrittrice ebrea tedesca), ribaltino la vicenda accusando chi si indigna e parlando di teatrino mediatico.  Sarà ancora più normale, tra un mese o due oppure un anno, assistere ad altre azioni ignobili, altri oltraggi alla memoria, altri strappi ai valori che la nostra Costituzione ha sancito come fondanti della nostra Repubblica.

La verità dolente è che siamo un Paese incapace di educare il popolo, di liberare gli stadi da questa palude umana e di mettere in campo azioni e misure legislative serie, che possano agire fuori e dentro gli ambiti sportivi. L’antisemitismo, i rigurgiti neofascisti, la stoltezza che si tinge di ideologie decomposte, tutto ciò è il segno di una debolezza culturale, politica, istituzionale a ogni livello. Nel caso dello sport, il calcio in particolare, è il risultato di un distacco profondo da ogni forma di conoscenza e di cultura.

Ci sono allenatori che dicono di non conoscere la storia di Anna Frank, ci sono presidenti che organizzano pubblicamente visite di solidarietà che, poco prima, in privato, avevano definito una sceneggiata. Ora è certamente un buon segno che tutti pretendano l’individuazione dei responsabili e che in pochi giorni le istituzioni sportive, insieme al ministero dello Sport e all’Unione delle comunità ebraiche, abbiano organizzato delle iniziative, come quella di leggere dei brani del “Diario di Anna Frank” prima delle partite o di regalarne ai bambini delle copie, insieme a quelle di “Se questo è un uomo” di Primo Levi.

Ma davvero basterà? La risposta è no. Perché gli episodi imbarazzanti, violenti, offensivi si verificano ogni domenica e continueranno a verificarsi. E ogni volta saranno minimizzati. Soprattutto quando destinatari di quella violenza non saranno simboli di una storia tragica e di portata mondiale, ma soggetti con meno attenzione alle spalle. I cori, gli slogan, i gesti pieni di razzismo nei confronti di immigrati o rom, per esempio, fanno meno notizia. Eppure ci sono e sono altrettanto gravi. Solo che i soggetti colpiti non hanno alle spalle una comunità organizzata e attenta come quella ebraica e pertanto rimangono senza voce, senza giustizia.  Nel loro caso, non ci sono sanzioni o iniziative o cori di indignazione così diffusi.

Ed è questo il punto. Il punto non è solo l’educazione culturale di questo Paese, ma è anche la necessità di dotarsi di strumenti seri per fermare chi vomita infamie e orrori di ogni genere e poi minimizza, riduce tutto a sfottò. Qui nemmeno l’ignoranza è una scusante, perché purtroppo questa gente sa bene cosa va a toccare e sa come farlo nel modo più irritante possibile. Ogni volta però la risposta è sempre la stessa, insopportabile, gattopardesca. Un po’ di rumore iniziale e poi si torna nello sprofondo della gabbia di ignoranza crudele nella quale l’Italia è rinchiusa.

Altro che legge Fiano, altro che Daspo. Questa gente ha bisogno della punizione peggiore: sanzioni sociali e culturali, come la privazione dei diritti civili, gli stessi che sono tutelati dalla Costituzione che loro odiano, e l’obbligo a partecipare a percorsi rieducativi, compresi viaggi nei luoghi dell’orrore e attività di incontro con razze e culture diverse. Dal canto loro, le società sportive dovrebbero partecipare attivamente e quotidianamente, cominciando a denunciare e dissociarsi seriamente e non solo a parole, evitando di minimizzare o pensare che certi gesti siano opera “di quattro scemi”.

E magari i loro presidenti dovrebbero comportarsi con maggiore serietà, evitando di essere virtuosi in pubblico e poi, in privato, rivelarsi i pagliacci di se stessi. Soprattutto (questo è un appello che vale per tutti: tifosi, commentatori, opinionisti, ecc.) sarebbe ora di lasciare in pace Anna Frank e di non trasformarla in un argomento da stadio. Piuttosto abbiate il coraggio di leggere le parole del suo drammatico diario. Forse, ne proverete vergogna.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org