Identità. Una delle parole più abusate in questa epoca di migrazioni. La usano in tanti e la agganciano a concetti che, nella maggior parte dei casi, non vogliono dir nulla. L’identità, infatti, non ha più alcunché di filosofico o letterario, ha perso il senso di ricerca e costruzione dell’individuo che ha riempito studi e opere di filosofi, scrittori, poeti, scienziati sociali. Essa è ormai divenuta solo un’altra vuota bandiera da sventolare in faccia al nemico scelto. E non ha nemmeno i connotati patriottici che gli usurpatori dell’idea di identità pensano di darle. È solo una parola vuota, orfana di pensiero, usata da chi ha solo bisogno di un collante con il quale appiccicare, uno sopra l’altro, i mattoni di muri grigi riempiti di odio, razzismo, ignoranza.

Ma può essere anche l’arma per riunire eserciti di mostri tanto disumani quanto imbarazzanti e perfino sprovveduti e grotteschi. È il caso di “Generazione Identitaria”, la multinazionale fascista che raccoglie, in Europa, mercenari e giovani sbandati di estrema destra, per metterli su una nave, la “C-Star”, desiderosa di recarsi nel cuore del Mediterraneo a fermare i barconi pieni di gente disperata, sfiancata, inerme, distrutta da mesi di angherie, violenze e viaggi drammatici.

La C-Star non è altro che una nave piena di aspiranti giustizieri senza legge né autorità, ma anche aspiranti navigatori talmente incapaci da non capire che per navigare servono delle regole, le stesse di cui loro si dicono grandi difensori. Così accade che vengano fermati per qualche giorno a Suez perché non sono in regola con i documenti di navigazione. Che ripartano, ufficialmente verso Tunisi, per finire invece a Cipro, dove vengono fermati dalle autorità cipriote e arrestati, mentre una ventina di marinai membri dell’equipaggio, migranti dello Sri Lanka, chiedono asilo all’isola mediterranea. Una situazione tragicomica, paradossale. La loro avventura, che ricorda le strisce comiche della Sturmtruppen di Bonvi, sembrava finita qui.

Invece la truppa neofascista viene scarcerata per insufficienza di prove e riparte, facendo rotta forse verso Tunisi o forse verso Catania, la tappa prevista originariamente. A Catania, però, dopo le proteste della Rete Antirazzista Catanese, il sindaco etneo Enzo Bianco ha già preso ufficialmente posizione affermando la sua intenzione di chiedere alle autorità di vietare l’attracco alla C-Star.

In questa epoca orrenda, ci mancava solo Generazione Identitaria, un’altra bestemmia sull’identità. Un gruppo di sprovveduti ragazzetti infarciti di odio razziale, che vorrebbero gonfiarsi il petto parlando di difesa di un’Europa che non è casa loro. Non lo è mai stata, visto che l’Europa odierna è nata seppellendo nazismo e fascismo. Questi autoproclamatisi difensori del Continente, in realtà, hanno il solo obiettivo di sfogare una brutale e patologica xenofobia contro dei disperati, con l’obiettivo di ostacolare le Ong che salvano vite umane e di collaborare con la Guardia Costiera libica, quella che riporta i migranti nell’inferno dei lager e del deserto del paese nordafricano.

La cosa disarmante è che a questa farneticazione identitaria non ha mai replicato, con azioni concrete, il governo italiano. Che ha taciuto anche dinnanzi all’interrogazione presentata dalla deputata Pd, Gea Schirò. Ha taciuto e tace Minniti, così come Gentiloni. Ma tacciono anche Frontex e, soprattutto, la magistratura catanese, un tempo tanto vogliosa di apparire sui giornali con insinuazioni sulle Ong, sulla provenienza dei fondi, sulle loro manovre finalizzate a non far affondare esseri umani. È rumoroso, in queste settimane, il silenzio del procuratore Zuccaro che, davanti a un gruppuscolo di estremisti inquietanti che pensavano di poter agire in mare senza alcuna autorità o riconoscimento legale, non ha fatto una piega, non si è allarmato, non si è posto domande, non ha rilasciato interviste o dichiarazioni. Questione di sensibilità: evidentemente ci sono cose che danno più fastidio di altre.

Ad ogni modo, vedremo come questa storia ignobile e ridicola finirà. Intanto, però, le cronache non mancano di riportare altre farneticazioni, sempre basate sull’uso distorto della parola identità. Protagonista, direttamente da Taormina, è stato Antonio Presti, imprenditore nel settore immobiliare, finanziatore di opere e manifestazioni artistiche e candidato, nel 2013, nelle liste dell’attuale governatore siciliano Crocetta. Parlando dei 38 rifugiati che la ricca e turistica Taormina sarebbe chiamata ad accogliere, Presti si lascia andare a un delirio da leghista, paventando pericoli per il nostro Paese, parlando di “sostituzione di popolo”, di “invasione”, di rischio che si possa “intaccare la nostra identità”. Non mancano ovviamente nemmeno i richiami al famigerato “prima gli italiani” e alla necessità di difendere i confini.

Naturalmente, secondo Presti, il suo non è razzismo. Ci mancherebbe, guai a definirsi razzista dopo aver pronunciato frasi razziste… Così come non è razzista la dirigente del Pd, Patrizia Prestipino, quando parla di rischio di estinzione e di necessità di continuare la razza. Siamo al ridicolo. Anzi al subumano. Qui si parla di identità in un mondo globale ed economico che, in nome del profitto di pochi (tra cui l’Occidente), massacra le economie di ampie parti del globo, distruggendo l’identità di popoli che sono costretti a muoversi, spostarsi, adeguarsi, snaturarsi.

Abbiamo distrutto le enormi risorse del continente africano, abbiamo lasciato che il Sudamerica finisse nelle mani delle multinazionali, abbiamo armato i guerrafondai e portato la guerra laddove non si riusciva a forzare la porta di ingresso. Abbiamo imposto la nostra logica di consumo e sfruttamento, ci siamo affezionati a questa falsa identità di presunti civilizzatori, di società superiori, giuste, eque, allo scopo di segnare una distanza tra noi e le nostre vittime e addolcire le mostruosità che abbiamo compiuto in nome del nostro benessere. E abbiamo ancora la faccia tosta di parlare di identità, di razza, di civiltà, di barbari e di civili. Di sostituzione di popoli e di rischio di estinzione o di smarrire la nostra identità!

Ma qual è l’identità italiana? Di cosa è fatta? Siamo davvero quel popolo solidale, cristiano, accogliente, come ci siamo sempre voluti descrivere nascondendoci dietro la frasetta “italiani brava gente”? O più probabilmente siamo altro e non lo vogliamo vedere? È impressionante come l’immigrazione ci abbia fornito l’alibi perfetto per la nostra auto-assoluzione collettiva. L’immigrazione ci ha permesso di cambiare il bersaglio e di passare di mano il testimone della colpa per il Paese che siamo. E in questo delirio di codardia e cattiveria, noi diciamo di temere che ci sottraggano la nostra identità!

Ma quale? Quella di un popolo che è stato fascista quasi per intero, salvo poi negarlo per convenienza e tuffarsi nel lungo regime del bigottismo cattolico-democristiano? La verità è che la nostra identità è un panno in buona parte lercio di mafie, corruzione, terrorismo politico, depistaggi, stragi, vittime senza giustizia, omofobia, servilismo, sfruttamento, razzismo, arretratezza culturale, crudeltà, misoginia, omertà. Questo è quel che vedremmo allo specchio se smettessimo di nasconderci dietro il tema dell’immigrazione. Questa è l’analisi che faremmo se parlassimo di identità utilizzando la cultura e non il qualunquismo populista che cresce e prolifica in questo Paese.

Ci aiuterebbe a leggere meglio la storia, a impiegare le energie nei confronti dei veri nemici, che siamo noi stessi e chi da anni manovra le redini del potere. Ci aiuterebbe a comprendere che, se l’Italia non è ancora finita in ginocchio economicamente e socialmente, è solo grazie ai migranti, al gettito enorme e ai vantaggi sociali che il loro lavoro e la loro presenza producono. Ma per comprendere ciò servirebbero onestà intellettuale, una cultura militante e una politica colta e capace di buoni esempi. Esattamente quello che in Italia, da anni, non esiste più.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org