A pochi giorni dall’anniversario della strage di via D’Amelio, Palermo e l’intera Sicilia si trovano in un momento veramente difficile. La scorsa settimana è stata molto dura. Sette lunghi giorni colmi di sofferenza, paura e rabbia, tantissima rabbia. Da un lato, gli incendi che hanno sconvolto la regione e hanno destato non poche polemiche; dall’altro, purtroppo, una preoccupante escalation di atti vandalici e provocatori mirati a oltraggiare la memoria di chi per il bene della Sicilia (e dell’Italia) ha sacrificato la propria vita.

Nei giorni scorsi, infatti, sono balzate in prima pagina le notizie che hanno avuto per protagonisti la città di Palermo e uno dei suoi quartieri più difficili, vale a dire lo Zen. Proprio lì, infatti, sorge una scuola elementare dedicata alla memoria del giudice Giovanni Falcone ed è lì che qualcuno ha deciso di colpire a pochi giorni dall’anniversario dell’attentato a Paolo Borsellino e alla sua scorta, nel 25esimo delle stragi del 1992.

Così come accaduto già qualche anno fa, anche questa volta qualcuno ha pensato bene di disonorare la memoria del giudice palermitano con un gesto che definire vandalico sembra riduttivo: la statua, che svettava davanti all’ingresso dell’istituto scolastico, è stata infatti decapitata e la testa utilizzata come ariete per sfondare la porta e danneggiare così lo stesso edificio anche al suo interno.

Ma non finisce qui. Proprio giovedì scorso, quando ancora era viva l’indignazione di tanti per il gesto oltraggioso nei confronti della statua, sempre nei pressi della stessa scuola è stato trovato un uccello decapitato, a dimostrazione che qualcuno, in città, vuole dare un chiaro messaggio e ha deciso di farlo alla vecchia maniera.

La pensa così il questore palermitano Renato Cortese che già a maggio, in occasione di un’intervista a proposito della scarcerazione di numerosi esponenti della mafia negli ultimi mesi, affermava: “Questi recenti ritorni in libertà ci preoccupano un po’ poiché cosa nostra è un’organizzazione criminale in cerca di leadership e sembra che qualcuno dei neo scarcerati pensi di potersi comportare come venti o trent’anni fa”. Ad un’escalation di intimidazioni e atti tipicamente mafiosi crede anche il sindaco palermitano, Leoluca Orlando, secondo il quale tutto ciò dimostra “il nervosismo di ambienti mafiosi e arroganti che non si rassegnano all’inevitabile sconfitta”.

Di sicuro non si rassegnano neppure le migliaia di persone che sul web e un po’ dappertutto hanno dimostrato la propria indignazione e la vicinanza ai tanti studenti e cittadini dello Zen che, come ha ricordato Maria Falcone, sorella del giudice, “credono e si battono nel nome di Giovanni Falcone e che fino allo scorso 23 maggio hanno portato la loro rappresentanza in piazza Magione a onorare il nome di Giovanni e Paolo”. Insomma, le tante prese di posizione dimostrano come l’opinione pubblica sia ancora dalla parte del bene, della legalità.

Bisognerebbe però cominciare a comprendere che indignarsi serve davvero a poco. Bisognerebbe piuttosto fare in modo che questa legalità venga non solo protetta, ma soprattutto insegnata e alimentata sin dalla prima infanzia. Se è vero che è necessario lottare ogni giorno contro questo male cercando di reprimere le organizzazioni criminali con misure specifiche e piuttosto severe (gli arresti, così come i sequestri dei beni e le indagini in generale, sono la prima cosa), è altrettanto vero però che solo con l’educazione e l’istruzione sarà possibile cambiare le cose e regalare un futuro più roseo a questo Paese.

Perché la criminalità nasce proprio lì dove mancano la legge e, in maniera più ampia, le opportunità, il senso civico, l’amore per il giusto, l’educazione alla legalità e al rispetto. Bisogna far “vedere” che delinquere, alla lunga, non è conveniente. Ecco perché crediamo che bisognerebbe aiutare maggiormente le scuole, specie quelle che si trovano in contesti difficili, ma non solo. E non è un caso che un raid simile sia stato realizzato proprio nei confronti di un edificio scolastico. La scuola, la cultura, i libri, le parole di legalità, gli esempi sono tra i nemici peggiori delle organizzazioni mafiose.

La mafia teme l’istruzione, perché un popolo istruito nel modo giusto ha meno possibilità di essere affascinato dalla criminalità. È di vitale importanza, quindi, un sistema di prevenzione fatto non solo di investigatori e forze dell’ordine, ma anche di progetti culturali, istruttivi, scolastici. C’è bisogno di questo e anche di misure economiche e sociali, di lavoro, opportunità, di ammortizzatori e di tutto ciò che possa eliminare le condizioni di bisogno. In poche parole c’è bisogno di uno Stato presente.

Per fortuna, comunque, il popolo siciliano riesce sempre a rialzare la testa in maniera repentina e con gesti simbolici e importanti , dimostrando che l’azione di pochi non rispecchia affatto il pensiero e l’essere di tutti gli altri. Proprio in questi giorni, infatti, praticamente in contemporanea ai fatti incresciosi citati, nel quartiere palermitano della “Cala”, due artisti di strada, Rosk e Loste, entrambi palermitani, hanno iniziato a lavorare a un mega murales che raffigura i due magistrati Falcone e Borsellino in quella che è diventata un’immagine simbolo della lotta alla criminalità.

Il murales, a quanto pare, sarà pronto entro il 19 luglio, data terribile e simbolica per la storia della Sicilia e dell’Italia intera. Il lavoro di questi due giovani, unito alla volontà di tante altre migliaia di coetanei, saprà sicuramente dare un volto più felice e speranzoso ad una terra martoriata ma sempre in lotta, sempre straordinariamente viva.

Giovanni Dato -ilmegafono.org