Doveva essere pubblicata entro lo scorso giugno, ma non è stato così: la mappa dei luoghi che il governo ritiene adatti per ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi sarà disponibile entro fine anno, o almeno così si spera. Durante l’audizione della Commissione bicamerale ecomafie del 27 giugno, il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha illustrato le nuove tappe previste dalla procedura di localizzazione del Deposito Nazionale, un’infrastruttura ambientale di superficie dove sistemare in sicurezza tutti i rifiuti radioattivi italiani.

Dopo aver abbandonato il nucleare, i rifiuti radioattivi sono stati sparpagliati un po’ in tutta Italia in depositi “temporanei”, dal Piemonte alla Sicilia, ma la legge prevede che ci sia un unico deposito nazionale. La mappa sarà redatta da Sogin, società pubblica incaricata di attuare il decommissioning nucleare, con l’approvazione dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Per decidere il deposito sarà necessaria una complessa consultazione pubblica di un anno e mezzo circa, durante la quale verrà scelta una delle zone previste dalla Cnapi, una mappa dove verranno indicate alcune decine di aree potenzialmente idonee, sparse in tutto il territorio nazionale.

Il progetto prevede la costruzione di un deposito che dovrà contenere 90 mila metri cubi di scorie radioattive, che comprenderà i rifiuti delle prime centrali degli anni Sessanta fino a quelli radioattivi che si produrranno nella medicina e nell’industria nei prossimi cinquant’anni. Il costo, che include deposito e parco, si aggira intorno a 1,5 miliardi, soldi che si otterranno tramite le bollette dell’elettricità.

Le scadenze del programma però non sempre sono state rispettate. A tal proposito, allora, è intervenuto il ministro Calenda: “Evidenzio che sono stati necessari ulteriori sei mesi di lavoro rispetto alla tabella di marcia stabilita lo scorso settembre 2016. Quando il deposito nazionale sarà disponibile verrà avviato un programma graduale di conferimento dei rifiuti presso la struttura e pertanto sarà possibile smantellare i depositi temporanei e riportare i siti allo stato di greenfield, ossia in una condizione priva di vincoli di natura radiologica. Ciò consentirà la restituzione degli spazi alla comunità per il riutilizzo”.

Per quanto riguarda, invece, la durata dei lavori: “Il tempo stimato per la costruzione del deposito nazionale – ha dichiarato Calenda – è di circa 4 anni dalla definizione delle caratteristiche delle aree potenzialmente idonee, al netto di possibili ricorsi e ritardi. Sebbene la realizzazione del deposito nazionale e del relativo parco è prevista per il 2025, l’esercizio delle strutture per l’immagazzinamento dei rifiuti di alta attività e del combustibile esaurito è previsto dall’inizio del 2024. Pertanto i rifiuti dei siti italiani riprocessati all’estero potrà aver luogo già a partire da gennaio 2024”.

La nascita di un’unica struttura potrebbe dare maggiore sicurezza ai cittadini e all’ambiente , rispettando le direttive europee e mettendo l’Italia allo stesso livello dei paesi che già da tempo hanno in funzione depositi analoghi. Ora non resta che aspettare la pubblicazione della Cnapi, con la quale inizierà ufficialmente un lungo e delicato confronto con le comunità locali per decidere in modo univoco e democratico quale luogo accoglierà il deposito nazionale. Di certo non sarà un compito facile e veloce.

Veronica Nicotra -ilmegafono.org