Plastica, sacchetti, bottiglie e buste sono tra i principali responsabili dell’inquinamento degli oceani, come testimoniano recenti studi in materia ambientale. Lo sa bene Legambiente, che, nell’ambito della Conferenza Mondiale degli Oceani tenutasi a New York negli scorsi giorni, ha presentato all’Onu una serie di proposte raccolte nel documento “Multi-stakeholders Governance for tackling marine litter in the Mediterranean Sea”.

L’associazione ambientalista, infatti, in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani, ha stilato una serie di probabili soluzioni per il miglioramento delle condizioni di mari e oceani, provando ad estendere il bando delle buste di plastica non biodegradabili e compostabili a tutti gli Stati del Mediterraneo. L’eliminazione totale di questi prodotti dovrebbe avvenire entro il 2020, attraverso campagne di sensibilizzazione ed educazione ambientale, incrementando una maggiore consapevolezza allo sviluppo sostenibile e all’economia circolare, che fa del riciclo dei materiali il suo punto forte.

Il documento presentato all’Onu contiene un report dettagliato sulle condizioni del Mediterraneo, una delle zone del pianeta con maggior accumulo di rifiuti galleggianti. Oltre ad un’attenta mappatura del territorio, Legambiente ha illustrato tecniche e strategie da poter mettere in atto in tutto il mondo, a partire da quanto accaduto in Italia. Il nostro paese, infatti, è tra gli esempi più virtuosi per la messa al bando di sacchetti di plastica non biodegradabili, oltre ad averne ridotto drasticamente la produzione. Il risultato è stato un immediato ribasso della quantità di CO2 presente nell’aria e nell’ecosistema.

“Il Mar Mediterraneo – ha dichiarato Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente – rischia di diventare sempre più un mare magnum di plastica e spazzatura, con rifiuti galleggianti, adagiati su spiagge e fondali. Per questo abbiamo deciso di portare all’attenzione dell’Onu anche il caso del nostro mare magnum, un mare ‘regionale’ soffocato dallo stesso problema degli oceani, il marine litter, che sta assumendo proporzioni sempre più preoccupanti e mondiali”.

“Purtroppo – continua Ciafani – la cattiva gestione dei rifiuti a monte e la maladepurazione restano la principale causa del fenomeno. Per tale ragione abbiamo chiesto di avviare al più presto una cooperazione concreta tra i Paesi di tutto il mondo rispettando gli Accordi sul clima di Parigi ed estendendo entro il 2020 a tutti gli Stati del Mediterraneo la messa al bando dei sacchetti di plastica”.

Il report di Legambiente osserva da vicino le condizioni di 105 spiagge di 8 paesi mediterranei (Italia, Tunisia, Francia, Croazia, Turchia, Spagna, Grecia e Algeria) presi in esame nell’arco di tempo tra il 2014 e il 2017. Il monitoraggio è stato effettuato in contemporanea con “Clean Up the Med”, una grande campagna di volontariato attivata per ripulire le coste del Mediterraneo. Stando a quanto riportato da Legambiente, sono stati trovati oltre 58 mila rifiuti: l’82 % dei rifiuti spiaggiati trovati sugli arenili monitorati è di plastica, il 64% è materiale usa e getta.

A guidare la top ten dei rifiuti più trovati sono i mozziconi di sigaretta (12%), tappi (10%), bottiglie e contenitori di plastica, ma anche reti per la coltivazione dei mitili (8%). Seguono cotton fioc (4,5%), stoviglie usa e getta (carta o plastica), buste (3,5%), polistirolo (3,1%) e altri oggetti di plastica (2,9%). Le buste di plastica ammontano al 3,5% dei quasi 60mila rifiuti rinvenuti sulle 105 spiagge. L’Italia, nonostante i problemi siano ancora tanti (ne abbiamo parlato qualche settimana fa), si è mostrato il paese più pulito da questo punto di vista, merito delle numerose campagne di Legambiente che da anni solca i mari nostrani lanciando segnali positivi. Segnali che arrivano anche oltreoceano.

Laura Olivazzi -ilmegafono.org