Laddove manca acqua potabile, si accendono conflitti. È più o meno questa la sintesi del rapporto Turbolent Water rilasciato dalla Banca Mondiale in tema di crisi idrica, in cui l’aggettivo “Turbolent” indica il pericolo di tensioni e focolai di guerra nelle regioni colpite da carenza d’acqua. La crisi idrica provoca ovviamente pericolose ricadute economiche, con rischi evidenti per il Pil e per la produzione: si calcola che oggi il 40% circa della popolazione mondiale viva senza acqua sufficiente, mentre un quarto del Pil globale è seriamente in pericolo a causa della scarsità idrica.

A complicare la situazione vi sono anche i mutamenti climatici e la conseguente desertificazione, oltre allo scioglimento di ghiacciai: questi shock ambientali daranno filo da torcere anche ai sistemi sanitari locali, che potrebbero trovarsi impreparati di fronte ad eventuali emergenze. Il risultato, oltre ad epidemie e crollo delle condizioni igieniche, potrebbe essere una perdita economica pari ad oltre 380 miliardi di dollari l’anno.

Alla base della debolezza sociale di molti stati vi è, per l’appunto, la carenza idrica, dalla quale dipendono poi ulteriori crisi quali le carestie, la scarsa produttività, le calamità climatiche e l’incapacità di fornirsi di acqua potabile. Nelle zone a rischio, infatti, soltanto il 28% della popolazione riesce ad avere accesso a risorse idriche adeguate, mentre la parte restante brancola nell’indigenza. L’acqua, tuttavia, può costituire un problema anche quando si presenta in quantità eccessive, dovute, ovviamente, anche ai mutamenti climatici.

Gli uragani che hanno funestato negli ultimi anni le regioni del mondo più disparate, come New Orleans, Pakistan e Birmania, ad esempio, hanno provocato centinaia di migliaia di morti e sfollati, con danni economici incommensurabili. Di conseguenza, le emergenze climatiche fomentano i movimenti guerrafondai dei singoli paesi, basti pensare che nel 2012 un evento di siccità ha provocato il risveglio dei combattenti di Daesh, in Libia.

Per converso, tuttavia, una più attenta gestione dell’acqua ha spesso prodotto fenomeni di riequilibrio e riunificazione di stati e comunità. A Mostar, in Bosnia, la rinascita di un sistema idrico adeguato ha portato alla riconciliazione di due frange politico-sociali in conflitto, mentre nel 1960, l’Indus Water Treaty, stipulato tra India e Pakistan sulla gestione delle acque transfrontaliere, ne ha moderato i conflitti. Insomma, nel bene e nel male l’acqua è simbolo di vita, accende i conflitti ma può anche spegnerli, come testimonia la storia più recente. E in previsione di eventi sempre più critici sul versante idrico, gli stati e le organizzazioni internazionali dovrebbero ragionare in prospettiva puntando al rilancio e alla valorizzazione delle politiche idriche.

Laura Olivazzi -ilmegafono.org