Il 21 marzo si è celebrata la XXII giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, organizzata da Libera. Dal 1996, in questo giorno, in diverse città d’Italia si organizzano eventi duranti i quali si ascoltano le testimonianze e vengono letti i nomi di circa 900 vittime innocenti. Anche a Milano è stata ricordata la lotta alle mafie e, più precisamente, in una delle zone alla mafia più legata: Quarto Oggiaro.

Non poteva mancare all’evento Fabio Galesi, presidente del consiglio del Municipio 8, da sempre in prima fila nella lotta alla criminalità organizzata legata alla sua zona. Siamo andati ad intervistarlo qualche giorno dopo, per parlare della situazione odierna della città e delle soluzioni che si stanno adottando per poter sconfiggere la mafia sotto tutti i fronti.

Un grosso errore del passato è stato quello di pensare alle mafie come ad un problema legato solo al meridione. Quanto viene considerato il problema delle infiltrazioni mafiose al nord Italia?

Le infiltrazioni mafiose sono più forti al nord, dove gira l’economia, dove ci sono gli appalti e dove ci sono i soldi. Quindi io credo che al nord ci sia una concentrazione maggiore proprio per il business economico sia intorno agli appalti, sia intorno al traffico della droga.

Quali sono le iniziative che il Comune propone e come stanno reagendo le persone?

Innanzitutto con Libera e le realtà del territorio stiamo facendo degli incontri nelle scuole. Parliamo ai ragazzi raccontando cos’è la mafia. Portando vittime di mafia che raccontano storie molto toccanti che vanno a colpire la sensibilità; da lì nasce un dibattito sulla questione. A livello comunale o regionale, l’amministrazione mette in atto dei fondi per aiutare queste associazioni, alle quali i familiari o i commercianti vittime di estorsione possono rivolgersi per trovare un aiuto anche da parte dello stato.

Quali risultati si sono raggiunti negli ultimi anni e quali altri si potranno raggiungere?

Negli ultimi anni, prendo come esempio Quarto Oggiaro, è stato fatto un grosso lavoro. Questo sempre grazie alle forze dell’ordine, alle realtà associative del territorio, ma anche grazie ai cittadini che non sono più omertosi, che hanno cambiato il loro modo di agire nei confronti della criminalità. Grazie a queste collaborazioni, molte delle bande criminali sono state estirpate dal territorio. Di conseguenza l’amministrazione ha cominciato a recuperare quei territori che erano di nessuno. Sottraendo terreno alla malavita, ovviamente si lascia sempre meno spazio di azione. Qualcosa quindi è cambiato, ma c’è ancora tanto da fare, perché anche le mafie cambiano. Per esempio coinvolgono professionisti che, grazie ad accordi con la mafia, riescono a far girare i soldi in nero, derivanti dal mercato della droga, tramite aziende false o riciclo di rifiuti. Lì servono leggi più incisive sulla lotta alla corruzione e sulle infiltrazioni mafiose nell’imprenditoria.

Rimanendo sempre sul territorio di Quarto Oggiaro, in passato il quartiere è stato una roccaforte della mafia: famiglie storiche come Crisafulli e Tatone, quest’ultima entrata nella cronaca nera per gli omicidi di un paio di anni fa di Emanuele e Pasquale Tatone, si sono sempre divise il mercato dello spaccio nel quartiere, spesso definito dalla stampa nazionale come la “Scampia milanese”. Cosa è cambiato da allora?

Negli ultimi anni è cambiato decisamente molto, perché togliendo alla mafia sempre più terreno e facendo capire ai cittadini che le istituzioni sono con loro, si fa un lavoro comune per combattere queste organizzazioni criminali, grazie anche alla fiducia dei cittadini sulle segnalazioni, sulla collaborazione col commissariato di zona, e questo ha portato ad avere un quartiere più vivibile. È stato fatto un lavoro di azione sociale, per dare ai ragazzi che vivono qui un’alternativa alla strada, attraverso le scuole, il terzo settore o le associazioni di volontariato che cercano di accogliere anche quei giovani e giovanissimi che arrivano da situazioni difficili, cercando in loro una prospettiva di recupero sociale e lavorativo.

Quindi associazioni e istituzioni sono più vicine ai cittadini?

Assolutamente sì. Negli ultimi anni la collaborazione tra le realtà del terzo settore e le istituzioni, ha fatto sì che non si lascino terreno e persone più deboli socialmente in mano alla mafia. Togliendo questi pezzi riesci ad arginare questo fenomeno che invece dieci anni fa dilagava nel quartiere.

Cosa ancora si deve fare per emarginare con più forza la malavita?

Servono delle politiche nazionali ancora più incisive, per esempio il lavoro, perché è la base per far sì che una persona sia autonoma, che lavori, faccia un lavoro onesto e non finisca in mano alle organizzazioni criminali. Successivamente non lasciare i quartieri con spazi degradati, tenere sempre monitorate le situazioni, mantenere il decoro urbano, tenere vivi i quartieri e assegnare le case popolari dando una risposta a chi è in stato di bisogno, in modo da tenere lontano il racket delle case popolari, purtroppo ancora molto diffuso.

Come ti immagini Quarto Oggiaro e quindi Milano tra 10 anni?

Bella domanda! Credo che potrà fare passi da gigante, come sono stati fatti negli ultimi 10 anni. Sicuramente c’è ancora da fare, soprattutto ricordarsi di non lasciare mai indietro le fasce più deboli. Questo deve essere l’obiettivo da qui al futuro, per poter ridare dignità anche a quelle persone in uno stato di povertà assoluta e non fare in modo che siano agganciate dalla criminalità organizzata.

Mattia Cavalleri (Sonda.life) –ilmegafono.org