“La Speranza, Vinta, piange, e l’angoscia dispotica ed atroce, infilza sul mio cranio la sua bandiera nera”. Questi i versi finali di “Spleen” di Baudelaire, una delle poesie che hanno incantato anime inquiete e fatto sbocciare “fiori del male” in tutte le stagioni e in tutti gli angoli del mondo. Strueia, il raffinato cantautore che vi proponiamo oggi, giunto al suo terzo album solista, intitolato “La chitarra il bosco lo spleen” (uscito a febbraio per MiaCameretta Records e Noia Dischi), è uno dei delicatissimi fiori del male nati in un mondo cinico e distante che rende ogni giorno la stagione sbagliata per sbocciare.

Egli affronta con quest’album intimo e originale il suo melanconico male di vivere. Ogni traccia è un petalo raggrinzito, dai colori tenui. Basta un ascolto anche distratto per riconoscerlo, la sua musica è un tentativo timido di colore in un mondo tetro e distratto. Con questo malessere le dieci tracce del disco scorrono e appaiono come un’ammissione di debolezza. Ogni brano cade ai nostri piedi con la bellezza e la gravità di una foglia colpita a morte dall’inverno (come in Canzone degli alberi).

Ci scopriamo pure noi, grazie alle suggestioni di questo bravissimo artista, distanti e invisibili come una coppia sul filo di un tram. È il caso del brano Una coppia, dove l’unico atto di rivoluzione possibile consiste in un’ipnotica psichedelìa, segnata da uno swing acido e irresistibile che rende la traccia perfetta. Bravo e mai banale, Strueia scandaglia generi e connubi di distorsioni e lamenti per descrivere in pieno i tormenti e i fantasmi che talvolta diventano compagni di viaggi fantastici e irripetibili (in Tutto ok). E il sax, con il suo inconfondibile urlo, sarà il punto esatto da dove voler ripartire: la città con le sue luci e i nostri intimi black out (nel brano Wow!)

In Canzone del binge watching, invece, l’ode alla paranoia è il perfetto sunto di un’attesa passiva che chiude fuori anche il sole, aspettando tempi migliori. Qui le doppie voci sdrammatizzano e rendono perfetto ogni istante. La solitudine, anche di una città, in questo lavoro è tangibile, vivida, pulsante e affascina, confonde e conquista. C’è l’urgenza di inventarsi una via d’uscita, di scoprire una nuova luce, con giri di chitarra che, grevi, accompagnano il timore di rompere i silenzi con le parole, fino a far diventare necessario quel silenzio, tagliando al minimo la paura e – perché no? –  anche le note (Canzone con due note).

“Ricordami di usare il tempo che non ho e le energie che mi rimangono”: questa l’unica richiesta in una vita che scorre malgrado noi. In Canzone degli amici che se ne vanno, le tastiere sono usate magistralmente e diventano quasi preghiera, in queste promesse continue di ritrovare gli amici e noi stessi.

Pulito, essenziale, fresco, nuovo e affascinante, questo artista strega e veste anche i pomeriggi più grigi, condividendo silenzi come fossero dogmi. Strueia deve continuare a spingersi in là e scoprire il gusto che può avere una bocca nuova e muta, abbandonata poco distante da noi. Poetico e caratterizzato da un rock minimale e sperimentale, egli sa convincere e conquistare, dimostrando che l’arte migliore nasce dal tormentare se stesso e i giorni, spremendoli come fossero grappoli d’uva, ma sapendo bene che sono solo “grappoli di cefalee”.

Per ascoltare il singolo Canzone con due note clicca qui

FrankaZappa -ilmegafono.org

La copertina dell’album “La chitarra il bosco lo spleen”.