Forse sarebbe stato più giusto passare oltre, non enfatizzare lo squallore di un gruppetto di fanatici (e sprovveduti) estremisti che si trincerano dietro il nome di un grande poeta quale è stato Ezra Pound, tormentato e complesso, eletto a simbolo culturale dell’estrema destra con una semplificazione disarmante e ingiusta, fatta da chi delle sue opere, della poetica, delle radici del suo pensiero dimostra di conoscerne a stento i titoli o qualche riga pescata dalla biografia su Wikipedia. Forse sarebbe stato meglio far finta di nulla davanti alla loro ennesima farneticazione, questa volta affidata a uno striscione, che più che shock è assolutamente sciocco. Voglio dire: fino a che punto vale la pena discutere con chi usa parole insensate appiccicate su una striscia da appendere, di notte, furtivamente, con un gesto da vigliacchi?

La tentazione di soprassedere è forte, ma poi pensi che questo non è che l’ulteriore e preoccupante segno di una sottocultura che, se è vero che scarseggia di contenuti e ragionamenti, è altrettanto vero che però comincia a sentirsi meno isolata, meno debole, meno emarginata e, soprattutto, dispone di mezzi che un tempo non aveva (riviste, blog, web radio, web tv, librerie, pub, associazioni, circoli e così via). Allora capisci che non si può far finta di niente, che siamo costretti ad avvisare e a fissare bene nella memoria questo loro nuovo orribile gesto. Il problema, infatti, è che questa farneticante violenza vomitata, non contro un sistema, ma contro dei disperati, non riguarda solo questo gruppetto di fanatici organizzati in circoli pieni di odio e ignoranza, ma l’intero Paese.

Leggere i commenti che quotidianamente vengono lasciati sotto gli articoli dei quotidiani online o sui social, rende l’idea del totale declino della natura umana, di ogni sua forma positiva e, soprattutto, del proliferare di crudeltà, indifferenza e irraggiungibile imbecillità. Leggere o ascoltare le parole di individui che lanciano accuse assurde, parlano di rispetto, di poco coraggio, esaltano chi “rimane sotto le bombe a combattere” e denigrano chi secondo loro fugge solo per cercare sussidi e assistenza in Italia, fa più tristezza che rabbia. Perché questa gentaglia che parla di coraggio e rispetto, è la stessa che gonfia il petto dietro il comodo riparo di una tastiera, minaccia cittadini e attivisti che si sbattono ogni giorno per aiutare persone in difficoltà, non partecipa alla cultura, al confronto, non si esercita nel contraddittorio, non legge libri, studi, dati, ma semplicemente si masturba tra slogan, false notizie e trasmissioni oscene.

Gente che non ha nemmeno il coraggio di metterci la faccia, ma si nasconde nel buio della notte per appendere volgari striscioni che sono un’offesa all’umanità (oltre che all’intelligenza). Parlano di rispetto per le famiglie ma poi idolatrano un dittatore che ha passato una vita distruggendole le famiglie e consumando amanti, finendo poi per fuggire ed essere catturato e ucciso proprio insieme a una sua amante. Chissà se conoscono la storia di un’altra di loro, Ida Daiser, e del figlio Albino Benito, nato dalla relazione extraconiugale con il Duce, entrambi internati e morti in un manicomio e ancora oggi considerati “delitti di regime”. Ma soprattutto, mi chiedo, qual è l’obiettivo politico che intendono raggiungere tutti questi qualunquisti e fascisti di ritorno?

Perché è disarmante vedere come della destra, del suo antico tessuto ideologico, abbiano davvero poco e niente, se non le scorie più infette. Non mettono in discussione il sistema politico o economico, la struttura capitalistica della società, i rapporti di forza, non hanno un progetto di riscatto e uguaglianza sociale, non mettono sotto accusa la corruzione, il malcostume, la mafia. Nulla. Si accaniscono, come dei leghisti qualunque, solo contro i migranti, contro un popolo di disperati, adesso perfino colpevoli di non rimanersene sotto le bombe a morire. A parte che poi sulla storia del lasciare le famiglie, vorrei capire quali dati hanno in mano, visto che chi scappa, di solito, o prova a scappare con al seguito la famiglia o, se non lo fa, è solo perché gliel’hanno distrutta o l’hanno persa o hanno dovuto lasciarla indietro per non metterla a rischio.

Che ne sanno, questi furiosi borghesucci da tastiera, di cosa sia la guerra, di quali storie umane ci siano dietro? Non ci hanno mai parlato con un rifugiato, non si sono mai confrontanti, a meno che non vogliamo chiamare confronto i post e commenti pieni di insulti e minacce, i cortei offensivi e gli assalti violenti ad alcuni centri di accoglienza, quelli con i quali, peraltro, alcuni loro fratelli “nostalgici” hanno spesso fatto affari d’oro, in combutta con la criminalità (vedi il caso di Mafia Capitale).

Sono lontani da tutto. Sono teste spoglie ed emarginate che però agiscono con violenza, a volte verbale altre volte fisica. E oggi, purtroppo, hanno l’appoggio tacito di migliaia di persone spietate, più o meno ignoranti, credulone, superficiali e avvelenate da un clima indotto da leader politici irresponsabili e da un circuito mediatico di pessimo livello che se ne infischia della deontologia, della verità o di utilizzare un linguaggio corretto. Al di là delle sigle, sono una massa anonima, grezza, molle e variegata che non possiamo ignorare né possiamo combattere con la rassegnazione, la diplomazia, il dialogo e senza il sostegno della legge. Legge che purtroppo latita e che consente, a chiunque in Italia, di incitare all’odio e alla violenza, di minacciare senza subire sanzioni concrete, senza trovarsi un freno davanti.

È il trionfo dell’ignoranza spietata che è tornata ad aspirare al potere. Ed è un rischio che non possiamo correre, motivo per cui la politica attuale ha una grossissima responsabilità. L’Italia sta precipitando in un provincialismo culturale pericoloso, che, parafrasando Pound, “è qualcosa di più dell’ignoranza. È ignoranza più una volontà di uniformità”. Davanti a ciò c’è l’urgenza di ritrovare uno spessore politico che abbiamo ormai ridotto ai minimi termini, c’è soprattutto un bisogno enorme di cultura e umanità che contrastino l’omogeneità di una controparte enorme e compatta che si muove trasversalmente e che sente fortemente di potercela fare, di riuscire a replicare anche qui un modello “trumpista”. Ovvero un’apocalisse.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org