Per una definizione generica potremmo parlare della dipendenza da gioco come di una patologia del piacere. In psicoanalisi, “il gambling è stato descritto come un’attività erotizzante e una forma di masochismo”, il cognitivismo lo ha interpretato in funzione di alcuni comuni “errori di pensiero”, come l’illusione di controllo, la sopravvalutazione della probabilità di vincere dopo aver perso ed il pensiero magico. La fuga in un mondo governato da fortuna, Dee bendate, provvidenza che donino il piacere di una svolta all’insegna della ricchezza, non tanto per l’agiatezza di per sé, ma per cancellare finalmente ogni limite imposto dalla vita normale, ogni fatica e insoddisfazione.

Tutto questo non si realizza quasi mai. Ma la scarica di piacere che si verifica nell’immersione in questo tentativo è sufficiente ad esporre al rischio di ritentare e ritentare ancora e ancora: “ritenta e sarai più fortunato!”.

È nel 2013 che il disturbo da gioco d’azzardo diviene a pieno titolo un disturbo da addiction, nell’ultima versione del Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali, “riflettendo l’evidenza che i comportamenti legati al gioco d’azzardo riescono ad attivare sistemi di ricompensa simili a quelli attivati dalle sostanze di abuso e producono alcuni sintomi comportamentali che sembrano comparabili a quelli prodotti dai disturbi da uso di sostanze”. Le conseguenze che colpiscono i giocatori patologici possono essere devastanti: povertà e indebitamento conducono in molti casi ad azioni criminali, a depressione e ideazioni suicidarie, a violenze e lacerazioni familiari.

Ma non è possibile comprendere pienamente un fenomeno al di fuori del contesto in cui si dispiega. Quando poi è definito come un fatto sociale, è quasi un obbligo ricercare i fattori “ecologici”, del contesto socioculturale e politico, che sostengono quel comportamento particolare. Come per le sostanze, anche giochi e attività possono avere “caratteristiche di maggiore additività”. Le caratteristiche dell’offerta, che negli anni ha subito trasformazioni vertiginose, possono fare la differenza nel produrre i comportamenti individuali.

Chi entra nel tunnel delle dipendenze inizia certo di poter controllare la propria attività di gioco. Quello del controllo è un tema molto ricorrente, in psicologia è inteso come illusione di poterlo esercitare, mentre in altre sfere è più presente come alibi.

L’Italia del secolo scorso era culturalmente un popolo di risparmiatori. Il gioco d’azzardo era piuttosto limitato, anche dal punto d vista legislativo. Negli anni ’90 aumenta l’offerta di gioco, che non vuole più essere limitata ma solo controllata all’interno di canali regolamentati. In questo climax, il boom è nel 2003: nello stesso anno in cui la Norvegia metteva fuori legge le slot machine avendone osservato gli effetti deleteri sul tessuto sociale, l’Italia ne concedeva l’installazione nei bar, i luoghi di socializzazione per eccellenza. Gli italiani nel 2004 avrebbero speso 26 miliardi di euro al gioco, diventati 84 miliardi nel giro di 10 anni. “L’Italia, pur rappresentando solo l’1% della popolazione mondiale ha il 23% del mercato mondiale di gioco online”.

Il fattore “crisi” non sarebbe affatto un freno, ma una sorta di amplificatore del fenomeno: nelle regioni più povere si spendono molti più soldi per giocare. I luoghi e le persone con più necessità di svolta tentano maggiormente la “fortuna” perché ne sentono un maggiore bisogno. Su queste basi il rischio è quello di un circolo vizioso destinato ad autoperpetuarsi.

Nel decennio 2003-2013 sembra che gli incassi dell’erario siano più che raddoppiati, le perdite al gioco quadruplicate.

Laura Magni (Sonda.Life) – ilmegafono.org

Fonti:

Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. DSM-5. American Psychiatric Association, 2014. Milano, Raffaello Cortina Editore

Una lettura semiotica del gioco d’azzardo. Venuleo, Salvatore. Università del Salento (Lecce). In Psicologia delle dipendenze sociali, 2008, pp. 299-333

L’emergere delle dipendenze comportamentali (The emergence of behavioral addictions). Valentini, Biondi. Dipartimento di Neurologia e Psichiatria, Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma. In Rivista di Psichiatria, 2016, 51 (3), pp. 85-86

Un fenomeno complesso e multi-facce. Capitanucci, Cabrini, Smaniotto, Biganzoli. In BethOnMath, Azzardo e matematica a scuola, 2016, pp. 111-136.

www.mettiamociingioco.org

La Geografia Economica Del Gioco D’Azzardo in Italia (The Economic Geography of Gambling in Italy). Esposito. Liuc Papers (277), Serie Impresa e mercati finanziari (12), 2014.

Il caso del gioco d’azzardo: una droga che non esiste, dei danni che esistono. Croce. In Personalità/Dipendenze (2), 2001, pp.225-242.00:19 13/01/2017