Se in alcune parti del mondo la fame rappresenta ancora una calamità sociale, oltre che una reale emergenza, negli Stati Uniti si continua a sprecare cibo, con il trend che sembra mostrare una crescita progressiva. Secondo il quotidiano britannico “The Guardian”, ogni anno negli U.S.A. si spreca quasi il 50% del cibo prodotto e i motivi destano non poche preoccupazioni. In cima alla lista delle cause che inducono i produttori e i contadini a gettare via beni alimentari, vi sarebbe una corsa alla perfezione che imporrebbe di vendere e proporre ai consumatori soltanto cibi dalle forme regolari e dalla grandezza accettabile, una sorta di culto dell’immagine degenerato sui prodotti da ingerire.

Il malcontento serpeggia aspro tra grandi e piccoli produttori e imprenditori dell’agroalimentare, costretti a gettare via cibo sano ma non troppo perfetto dal punto di vista estetico, in un tam-tam di proteste che corre da Est verso Ovest, dalla California alle campagne degli stati più interni.

Il danno arrecato alla produzione vale oltre 160 miliardi di dollari, con perdite per alcune aziende agricole equivalenti talvolta a oltre metà dei raccolti . La quantità della merce gettata si attesta intorno alle sessanta tonnellate, escluse da quel processo di confezionamento e imballaggio che, secondo canoni estetici forse troppo severi, induce alla ottima realizzazione del percorso “dalla fattoria alla forchetta”, tanto in voga sulle tavole dei paesi occidentali.

Una parte del raccolto e dei prodotti scartati finisce così per diventare cibo per il bestiame, una percentuale pari al 25%, una cifra che, tuttavia, non basta per recuperare lo spreco. Basterebbe poter denunciare il tutto al Dipartimento nazionale dell’agricoltura, ma molti tra i piccoli e medi produttori temono ripercussioni negative e boicottaggi da parte delle grandi aziende che promuovono questo stile tendente all’estetica del prodotto.

L’Amministrazione Obama, dal canto suo, ha promesso di dimezzare lo spreco di cibo entro il 2030,con il supporto delle Nazioni Unite, mentre organizzazioni e gruppi di attivisti, tra cui il Natural Resources Defense Council, si sono attivati attraverso campagne volte alla sensibilizzazione dei cittadini. Lo spreco di cibo, inoltre, è responsabile dell’8% dell’inquinamento globale, considerando gli sprechi energetici annessi e la conseguente produzione di rifiuti: essendo combustibile principale degli inceneritori, gli scarti di cibo negli Stati Uniti producono metano e altri gas nocivi. Una piega dell’inquinamento atmosferico che gli esperti invitano ad approfondire e debellare con maggiore urgenza.

Laura Olivazzi -ilmegafono.org