Corleone, o almeno una parte di essa, si vuole riscattare, vuole scrollarsi di dosso una volta per tutte l’etichetta di “patria della mafia”. Dimenticate le polemiche per il presunto inchino a lady Riina durante la processione dello scorso 31 maggio, il paese siciliano ha fatto parlare di sè (purtroppo non abbastanza) per l’impegno civico volontario nella gestione dei beni confiscati alla mafia. Da oltre dieci anni, infatti, nel paese che viene ricordato per aver dato i natali a mafiosi del calibro di Totò Riina, ma che in realtà è stato anche il paese di Placido Rizzotto che contro quella mafia combatté fino alla morte, si organizzano attività di educazione alla legalità tramite laboratori e progetti tesi alla gestione dei beni confiscati.

Promotrice di queste iniziative è la cooperativa sociale “Lavoro e non solo” di Corleone, in collaborazione con l’Arci. Si tratta di veri e propri campi estivi di lavoro e apprendimento che, ogni anno, attirano a Corleone tantissimi giovani (dai 15 ai 25 anni) in particolar modo dalla Sicilia e dalla Toscana, regione quest’ultima in cui l’Arci può contare su tantissime adesioni e quindi pubblicizzare in maniera capillare tale attività. Non di certo una vacanza, ma un’importantissima esperienza che, oltre ad essere molto utile dal punto di vista meramente pratico, permette ai giovani di acquisire sensazioni, consapevolezza e conoscenza. Abbiamo parlato con il presidente della coopertiva, Calogero Parisi, che ci ha spiegato un po’ come è strutturata l’organizzazione delle attività.

I ragazzi che raggiungono Corleone per partecipare a questi campi alloggiano presso un bene confiscato alla mafia: “Casa Caponnetto”, fino a pochi anni fa di proprietà del boss Carmelo Grizzaffi (nipote di Totò Riina). La mattina è dedicata al lavoro nei campi nei terreni confiscati, nel pomeriggio vengono invece organizzate interessanti gite formative in luoghi simbolo di lotta alla mafia e di impegno sociale come il museo (presso un altro bene confiscato) che, tramite i quadri di Gaetano Porcasi, racconta la storia della mafia e, soprattutto, dell’antimafia. “Organizziamo questi campi dal 2005 – ci ha detto Parisi- nel corso degli anni abbiamo avuto oltre 5000 partecipanti. Quest’anno siamo già al terzo campo completato. Ne faremo altri 9 per un totale di 300 partecipanti”.

Parlando con il presidente della cooperativa scopriamo che molti dei ragazzi che partecipano a questa esperienza in genere decidono di ripeterla e che, anzi, si instaurano dei solidi legami che si estendono ad altre iniziative oltre al campo di lavoro estivo presso i terreni confiscati, perchè spesso i partecipanti “tornano a casa guardando le proprie realtà con occhi diversi”. Un altro fattore di crescita legato a questa esperienza di impegno civico è la partecipazione, tramite il progetto DRAGO, di undici rifugiati politici, anch’essi tra i 20 e i 30 anni. Il progetto, che si propone finalità di inserimento per questi giovani migranti nel mondo del lavoro, diviene così anche un momento di integrazione e scambio culturale, scambio che, alla luce dei recenti avvenimenti di Ballarò, può rivelarsi molto utile sul fronte dell’educazione antimafiosa.

Prima di lasciare il presidente Parisi ai suoi impegni, gli abbiamo chiesto se è più difficile fare antimafia a Corleone o convivere con il marchio che, purtroppo, alcuni corleonesi hanno quasi imposto ai loro concittadini. “La seconda – ci ha risposto – anche se c’è uno sforzo collettivo a Corleone nel tentare di cambiare questa nomea”. “I soci della nostra cooperativa – ha aggiunto – sono ragazzi di Corleone, noi abbiamo 20 contratti di lavoro e si tratta di lavoratori corleonesi”.

Ed è proprio questa la Corleone di cui ci piace parlare: la Corleone dei campi di lavoro, dell’hashtag “NoiNonCiInchiniamo”, di Verro e Rizzotto; una Corleone che non si rassegna al marchio mafioso impostole da altri ma che lotta per rivendicare la propria estraneità e disapprovazione a certe logiche malavitose e che, con coraggio e fatica, si rimbocca le maniche (letteralmente) per rimediare a tanti, troppi, sbagli del passato.

Anna Serrapelle- ilmegafono.org