Per qualcuno pare sia suonata la sveglia. Ed è stata una sveglia terribilmente violenta. A risuonare non sono state campane o trilli metallici o qualche jingle automatico, ma gli spari di un fucile potente, di quelli che in America compri in un negozio, senza troppa fatica: pochi minuti, i soldi consegnati alla cassa, e hai l’arma in mano, come fosse una confezione di biscotti. Un fucile puntato su un bacio, su una libertà e una normalità che a troppi, in questo mondo di pietra, danno fastidio. Cinquanta vite, cinquanta esseri umani incolpevoli sterminati in un attimo da un atto che non è banalmente follia o raptus, ma un gesto pianificato, nutrito da un odio furioso.

E poco importa che l’Is abbia rivendicato la strage di Orlando, così come non importa sapere se, come sembra, lo abbia fatto solo per appropriarsi di un gesto che in realtà potrebbe essere autonomo e legato alla sfera personale dell’autore. Non cambierebbe molto, perché non sarebbe comunque solo una questione di terrorismo, di radicalismo islamico: l’omofobia è trasversale, violentemente trasversale, nei gesti omicidi come nelle parole. C’è un mondo addormentato che in un attimo ha potuto osservare gli effetti di una delle discriminazioni più assurde dell’era contemporanea: morire per mano di chi si arroga il diritto di stabilire quale sia l’amore, di standardizzarlo, ucciderlo.

Orlando è solo la faccia più eclatante di un mostro che ogni giorno violenta, tortura, massacra. Un mostro che viene nutrito dal virus omofobo che attecchisce in ogni cultura, realtà, forma di società. L’amore omosessuale è combattuto ovunque, anche laddove si sono fatti dei passi avanti verso il rispetto e la concessione di pacchetti di diritti. Perché c’è sempre un “però” appiccicato davanti a qualsiasi discorso, anche quello che si palesa con la faccia buona e tollerante. C’è sempre quel concetto di “diversità” che aleggia dentro le leggi, i dibattiti, i testi. Eppure l’amore dovrebbe essere semplicemente amore, essere considerato normale, uguale. Non è ancora chiaro perché si debba diversificare, perché si debbano costruire distinzioni fondate su valori artificiali, frutto di secoli di oscurantismo, di distorsioni concettuali basate sull’esclusione, sulla definizione unilaterale di “natura”.

Ecco perché non importa sapere se sia l’IS a commissionare stragi come quella di Orlando o se sia stato un gesto indipendente. Non cambia nulla, perché dietro la mano che preme il grilletto di quel fucile che spara, a incitare e applaudire, più o meno apertamente, ci sono tantissimi mandanti morali. Una schiera trasversale che oggi tace (tranne qualche squallido avvoltoio) o addirittura esprime una timida condanna e un altrettanto timido cordoglio. Come se non avessimo memoria delle parole, dei libri osceni, delle sentinelle che li recitano come un orrifico mantra, degli schieramenti contro i diritti, dei vaneggiamenti sulle origini patologiche o sataniche dell’omosessualità.

Stiano tranquilli, perché qui non dimentichiamo nulla. Non dimentichiamo nemmeno gli Adinolfi, gli alfieri del Family Day, non dimentichiamo i sostenitori di Trump, omofobi e contestatori della posizione di Obama contro la vendita libera di armi, quelle stesse armi che sparano contro l’amore e la libertà. E non si salvano nemmeno gli altri, quelli che, dalla parte democratica del mondo, ripudiano l’omofobia e oggi mostrano cordoglio, ma poi nel loro quotidiano non muovono un dito o, peggio, fanno affari con l’Iran e con quei paesi che ogni giorno uccidono decine di omosessuali, li impiccano con accuse inventate, senza alcuna possibilità di difesa o di salvezza. Storie che arrivano a noi, che si conoscono, ma che evidentemente non interessano, fanno meno clamore, forse perché i morti ce li mandano sotto gli occhi a poco a poco, non tutti in una volta come accade con una strage.

E allora, vi prego, piantatela di centrare la discussione sull’IS o sulle follie delle mentalità religiose (che comunque hanno una responsabilità enorme). Piantatela anche di cercare o sottolineare per forza nel mostro un vissuto omosessuale, come se volessimo per forza distanziarci dalle nostre colpe, come se la questione debba essere ricondotta all’interno di un mondo da cui vogliamo restare fuori. E ci teniamo a comunicarla questa distanza, che non si sa mai qualcuno ci possa scambiare per gay. Non ho sentito un discorso sul virus funesto che attraversa tutti, che trova la sua manifestazione anche in chi, con faccia bonaria, ti dice “non ho nulla in contrario…ho molti amici gay…però…”. Ci sono anche loro dietro questo orrore.

Ci sono tutti coloro che pensano che l’amore abbia un volto solo o un recinto entro cui consumarsi. Ci sono quelli che hanno paura di un bacio. Forse perché non hanno mai baciato davvero. Non hanno mai messo il cuore al posto di comando. Non hanno mai respirato la libertà e la bellezza che un amore vero, in tutte le sue sfaccettature, riesce a generare. La loro tristezza e la loro frustrazione sono armi puntate contro il futuro di questo mondo che, per fortuna, sta provando a liberarsi dall’oscurità, continuando a camminare in avanti e con lo sguardo dritto e a testa alta. Una marcia civile che nessuno sparo potrà arrestare. Perché i baci, dannati omofobi, saranno sempre più forti di voi, di qualsiasi proiettile e di qualsiasi spaventoso dolore.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org