Appare su Il Tempo un titolo accattivante: “Per Regeni tutto, per i Marò niente”. Titolone in prima pagina di domenica scorsa. A firmarlo è Tony Capuozzo, prestigiosa firma del giornalismo italiano, viaggiatore e reporter di guerra. A leggere quel titolo, così di sfuggita, la provocazione è forte. Più che sottolineare come sia legittimo il comportamento del governo italiano con(tro) l’Egitto – come fa Capuozzo nel testo – esso sembra più condannare il governo stesso rispetto a quanto (non) fatto con l’India. Il punto di Capuozzo è questo: non c’è stata parità di trattamento nei due casi. Eppure pare un paragone azzardato. Anche solo per il fatto di pensare che siano due esperienze vicine, confrontabili.

Se, da una parte, due cittadini italiani sono accusati da un giudice, in uno stato democratico, di aver commesso un reato, dall’altra stiamo parlando di un cittadino italiano torturato e ucciso in uno Stato dittatoriale con cui intratteniamo a vario titolo dei rapporti diplomatici. Per di più, le fesserie che l’Egitto ha detto al nostro governo e alla stampa del mondo intero sono una vera e propria presa in giro. Non è possibile per uno stato sovrano accettare serenamente che un proprio cittadino sia ucciso da un altro stato, senza alcun apparente motivo e senza alcuna comunicazione alle ambasciate e ai corpi diplomatici. Qui c’è la differenza sostanziale. Inoltre, l’atrocità della morte di Giulio non è assolutamente paragonabile alla vicenda di Girone e di Latorre per quanto, nel caso di innocenza, si tratterebbe sicuramente di un dramma personale.

Tutto questo per sottolineare come a volte ci lasciamo trascinare dall’enfasi del momento e siamo sempre spinti a confrontare le mele con le pere senza ricordarci che da piccoli, alle elementari, ci insegnavano che non si possono sommare. Non sarà sicuramente il caso di Capuozzo, che di mondo ne ha visto e ne ha letto e non difende alcun interesse particolare, ma il fatto che in certi ambienti, soprattutto politici, si voglia strumentalizzare la fine atroce di un nostro concittadino senza alcuna colpa, attraverso raffronti indecenti, è schifoso.

Ci era piaciuto di più il commento, più adeguato, più delicato e pungente di quello di Marco Aime su IlFattoQuotidiano del 13 febbraio scorso. Andatevelo a leggere e riflettete su questa frase di De Andrè (dal brano La ballata dell’eroe):

“E quando gli dissero di andare avanti/troppo lontano si spinsero a cercare la verità/ora che è morto la patria si gloria/d’un altro eroe alla memoria”.

Penna Bianca -ilmegafono.org