La puntata di Porta a Porta dedicata alla promozione del libro sulla “bella e lieta famiglia” di Salvatore Riina jr non smette di far parlare di sé, come è normale che sia. Il limite è stato oltrepassato e, in una sola sera, sono stati oltraggiati il mestiere del giornalismo, il servizio pubblico, la decenza, la memoria storica e quella personale delle vittime di mafia, la dignità di questo Paese. Si è discusso a lungo e ci sono state voci autorevoli, come quella di Claudio Fava, che hanno ben spiegato come il problema non sia chi viene intervistato, ma da chi e in che modo viene svolta quella intervista. In questa malsana trasmissione della seconda serata di Raiuno, ancora una volta, il conduttore ha messo in scena il suo proverbiale servilismo, la sua inadeguatezza e lo squallore di chi, per un po’ di audience in più, sarebbe pronto a tutto.

Chi è Vespa, quanto valga come personaggio, ancor prima che come conduttore o giornalista, lo sappiamo tutti.  Il problema è casomai perché egli può continuare indisturbato a fare scempio del servizio pubblico e della memoria di questo Paese. D’altra parte, cambiano i governi, vengono chiusi, ridotti o depotenziati i programmi di informazione libera, vengono epurati giornalisti, conduttori, comici, artisti, e lui è sempre lì, con quel suo programma stantio e ammuffito, a violare le regole del buon giornalismo e del buon gusto. In tanti, in queste ore, hanno posto domande, hanno protestato con la Rai, si sono indignati e hanno chiesto dimissioni che sarebbero sacrosante.

Si è detto talmente tanto (e anche molto bene), che sarebbe inutile aggiungere altro. Se non fosse per un sospetto maligno che si è impossessato di chi vi scrive non appena è riuscito, a fatica, a mettere da parte la rabbia furiosa per quanto accaduto, cercando di analizzare il tutto con un minimo di distacco. C’è un pensiero che si fa spazio con sempre maggiore insistenza: Vespa sapeva che avrebbe provocato reazioni durissime e che probabilmente nemmeno l’audience avrebbe prodotto risultati memorabili. Un uomo scafato, furbo ed esperto come lui ha sicuramente previsto che si sarebbe trovato contro il boicottaggio di buona parte dei telespettatori, compresa una parte di quelli che ha abituato a ingoiare di tutto. Ed effettivamente così è stato: lo share, infatti, non ha superato il 14%, con poco più di un milione di telespettatori. Anche i vertici Rai, quelli voluti da Renzi, sapevano a quale caos sarebbero andati incontro, immaginavano le critiche, le indagini e perfino gli approfondimenti della commissione di vigilanza e di quella antimafia.

Allora, viene naturale una domanda: perché? Perché hanno lasciato che tutto avvenisse? Perché non hanno impedito quella immorale promozione di un libro e la diffusione nemmeno tanto velata di messaggi precisi e fortemente mafiosi sulla famiglia Riina? Non ci sono risposte che possano collegarsi a logiche razionali, non esistono ragioni immediatamente individuabili. A meno che non ci si sposti su un terreno superiore, più ampio e allo stesso tempo molto più sottile di quello di una trasmissione televisiva e del suo conduttore avido di ascolti. Forse allora, la domanda più corretta da porsi dovrebbe essere: a chi conviene? A pensar male, questa rabbia generale su un argomento che ovviamente tocca buona parte del paese, aprendo una ferita che ancora brucia e occupando, come prevedibile, l’intero dibattito pubblico, privato e mediatico, conviene sicuramente a chi vuol spostare l’attenzione altrove, lasciando che altre questioni gravi e caldissime finiscano in secondo piano.

Così, ad esempio, il caso Tempa Rossa, la questione dei Panama Papers, il dibattito sul referendum del 17 aprile sono stati per almeno 48 ore soppiantati dal caso Riina jr/Vespa/Porta a Porta. In tutto questo, peraltro, è curioso che il premier o rappresentanti del governo non abbiano detto alcunché, né abbiano preso posizione contro Vespa o i vertici Rai (Alfano è perfino stato ospite, il giorno dopo, della puntata “riparatrice” di Porta a Porta sulla lotta alla mafia). Tutti in ossequioso silenzio. D’altra parte, perché affaticarsi? C’era già chi stava dibattendo sul caso, chi protestava, accusava, pretendeva rispetto. Vespa e la Rai, dunque, potrebbero aver funzionato da scudo e da catalizzatore. Due perfetti parafulmini, solidi in mezzo alla tempesta. Ma è possibile che siano parafulmini di un temporale provocato a tavolino?

Non lo so, ma non ci sarebbe da stupirsi se scoprissimo di essere tornati nuovamente all’uso della comunicazione e della tv come armi di distrazione di massa con le quali indirizzare un dibattito, puntando sulla buonafede indignata degli onesti, nella speranza che dimentichino per un po’ (meglio ancora se a lungo) i guai che chi si trova al potere sta passando, con lo scandalo del petrolio, la mozione di sfiducia, lo scontro con la magistratura e quel referendum che, nonostante gli illeciti appelli all’astensione, rischia, proprio dopo l’esplosione dello scandalo, di riservare qualche bella sorpresa. D’altra parte per Vespa e Porta a Porta non sarebbe certo una novità trovarsi al centro di una strategia simile. Berlusconi insegna. E Renzi potrebbe aver imparato bene.

Chiaramente si tratta solo un sospetto insistente, però, considerato che siamo in Italia, a volte essere sospettosi consente di non trascurare facilmente la già citata domanda a cui, spesso, la rabbia non permette di dare una risposta lucida e ragionata: vale a dire “tutto questo clamore a chi conviene?”.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org