Sembra assurdo, un normale cittadino onesto fa fatica a crederci o a comprenderlo, eppure ciclicamente ricapita che, durante una qualche ricorrenza religiosa, in particolari realtà ad elevata incidenza mafiosa, inspiegabilmente si finisca con l’inneggiare il boss della zona. L’episodio più eclatante che viene in mente sull’argomento è il funerale di Vittorio Casamonica, lo scorso agosto, a Roma. Un evento che ha offerto uno spettacolo delirante: una gigantografia del boss, all’ingresso della chiesa, recante la didascalia “Vittorio re di Roma”, il feretro trasportato da una carrozza trainata da sei cavalli, una banda che ha accompagnato la processione funebre con le note del popolare film “Il padrino” e petali di rose lanciati da un elicottero per omaggiare un’ultima volta il capoclan della potente famiglia malavitosa romana.

Recentemente, lo scorso 25 marzo, durante le festività pasquali, a San Michele di Ganzaria, un paese in provincia di Catania, la processione del Venerdì Santo ha subito una deviazione presumibilmente per omaggiare il boss Francesco La Rocca. Il simulacro, infatti, è stato portato a spalla in piazza Monte Carmelo, luogo in cui sorge l’abitazione del boss detenuto in regime di 41 bis, abbandonando così momentaneamente il percorso ufficiale della processione. Le reazioni a questo ennesimo e inaccettabile inneggiamento alla mafia non si sono fatte attendere: immediatamente hanno preso le distanze dalla deviazione (decisa arbitrariamente dai portatori del simulacro) il parroco, abbandonando la processione, e il sindaco, Gianluca Petta, togliendo la fascia tricolore.

Sull’episodio è intervenuto anche l’onorevole Giovanni Burtone, componente della commissione parlamentare antimafia, che ha dichiarato di essere al lavoro, con Walter Verini, per redigere una proposta di legge che introduca il reato di “apologia di mafia” perché “sono sempre più frequenti in Sicilia gli episodi in cui si inneggia alla mafia e dobbiamo renderci conto che si tratta di un reato grave che va severamente punito dentro le aule di tribunale”. Secondo quanto dichiarato da Burtone, la ratio ispiratrice della proposta, che potrebbe essere presentata in tempi brevi e posta all’attenzione delle Camere, è quella di “punire, con pene certe e concrete, chi inneggia alla mafia o alle mafie, nel corso di manifestazioni pubbliche e religiose”.

La speranza è che il disegno di legge includa anche fattispecie “moderne”, considerando “apologia di mafia” anche l’inneggiamento alla mafia tramite social o altri mezzi di comunicazione. Su facebook, per esempio, esistono gruppi come “malavita siciliana” e “malavita palermitana”, gruppi che definiscono i carcerati “leoni” e le forze dell’ordine con epiteti poco eleganti; gruppi che, anche quando segnalati, non vengono subito chiusi dai responsabili del social.

È davvero necessaria una presa di posizione forte della politica, dello Stato, affinché si smetta una volta per tutte di esaltare e, talvolta, di indicare come miti o “modelli” personaggi che sono solo dei criminali che spezzano vite, rubano e minacciano senza nessuno scrupolo. Personaggi del genere non sono eroi, non devono essere intervistati in televisione per promuovere i propri libri né ricevere applausi o l’inchino di simulacri religiosi, ma devono soltanto essere trattati per quello che sono: delinquenti da carcere duro.

Anna Serrapelle- ilmegafono.org