La Primavera è una stagione particolare, un momento di risveglio e rinascita, la natura ci sorprende e ci emoziona con i suoi mille colori; gli alberi e le piante tornano a fiorire, le montagne si disgelano e anche noi, inteneriti da questo spettacolo e dal primo tepore, ci sentiamo più disposti al cambiamento, all’ottimismo. Proprio per questo, il 21 marzo, tradizionalmente il primo giorno di Primavera, è stato scelto come giorno della memoria delle vittime innocenti delle mafie. Dal 1996, l’associazione Libera celebra questa giornata (ogni anno in una diversa città d’Italia) durante la quale vengono letti circa 900 nomi: i nomi delle vittime innocenti che la mafia ha mietuto. Non solo magistrati o forze dell’ordine, in quell’elenco compaiono infatti anche giornalisti, lavandaie, medici, imprenditori e chiunque si sia frapposto (anche involontariamente) tra un mafioso e i suoi affari sporchi.

Un triste elenco che si apre con Emanuele Notarbartolo, considerato la prima vittima accertata di cosa nostra, e prosegue con tanti (troppi) nomi, alcuni molto famosi come Peppino Impastasto, Giuseppe Fava, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino o Beppe Alfano, altri, purtroppo, meno noti ma non meno meritevoli di ricordo come Paolo e Giuseppe Borsellino (imprenditori uccisi per non aver voluto far affari con i mafiosi), Graziella Campagna (lavandaia diciassettenne uccisa per aver trovato un documento compromettente nella tasca di una camicia), Rita Atria (figlia e sorella di mafiosi divenuta testimone di giustizia e morta suicida quando apprese della morte del giudice Borsellino) e Attilio Manca (il giovane urologo trovato morto nel proprio appartamento reo con ogni probabilità di aver operato Bernardo Provenzano).

Nel 2016 la manifestazione è stata ospitata a Messina ma, come aveva annunciato il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti durante la presentazione dell’evento, per il primo anno in altre mille città di Italia e d’Europa sono state organizzate manifestazioni satellite tutte dedicate al ricordo e all’impegno antimafia. Una novità che lo stesso don Ciotti ha definito importantissima perché “è molto importante che si prenda coscienza che il problema delle mafie magari ha avuto radici storiche al Sud ma gli affari li ha sempre fatti al Centro ed al Nord”. Ha inoltre spiegato che è stata scelta Messina per ospitare la ventunesima giornata della memoria come atto di solidarietà e vicinanza a tutti i siciliani costantemente impegnati nella lotte alle mafie ed alla corruzione e perché “il nostro Paese ha bisogno di ponti che allarghino le coscienze e veicolino le speranze, non di certe grandi opere ma dell’opera quotidiana di cittadini responsabili, capaci di tradurre la domanda di cambiamento in forza di cambiamento”.

La manifestazione, il cui slogan è “Ponti di memoria, Luoghi di impegno”, è partita intorno alle 9.25 del mattino da Piazza Filippo Juvara con un’emozionante frase detta al megafono: “Messina abbraccia  i familiari di tutte le vittime della mafia”. Il corteo (di circa 30 mila persone) ha sfilato per le strade cittadine, con in prima fila i parenti ”delle vittime, ognuno dei quali ha portato con sé una foto o un ricordo del proprio caro ucciso dalla mafia, e ha raggiunto intorno alle 10.50 Piazza Duomo dove, alle 11.15, si è tenuta la consueta lettura dei nomi delle vittime con l’accompagnamento musicale dell’orchestra della cooperativa Sinfionetta. Non essendo una mera manifestazione di ricordo ma proponendosi anche l’impegno, nell’arco del pomeriggio si sono poi svolti diversi seminari tematici sull’intreccio mafia politica, sulle ecomafie e sui beni confiscati.

La città siciliana è stata protagonista di manifestazioni antimafia anche nelle giornate immediatamente precedenti. Giorno 19 marzo è stato intitolato, a Forte Petrazza (un ex fortino miliare che sino agli anni ‘80 era occupato abusivamente dalla criminalità organizzata), il giardino della memoria alle vittime innocenti delle mafie. Nel pomeriggio di giorno 20 marzo, invece, il teatro Vittorio Emanuele ha ospitato l’Assemblea dei familiari delle vittime innocenti delle mafie (strettamente riservata), seguita da un momento di preghiera e riflessione (aperto a chiunque volesse partecipare) presso i locali della chiesa parrocchiale di S. Caterina Vergine e Martire. “Parliamo insieme dei nostri dolori – è stato il commento di Benny Calasanzio ad una foto che ha condiviso su facebook durante l’assemblea dei familiari – e farlo insieme li lenisce”.

Una sorta di solidarietà-cameratismo tra persone molto diverse tra loro ma unite da un profondo dolore che le unisce intimamente. Una solidarietà che, abbiamo appreso, è stata negata (incomprensibilmente) alla famiglia Alfano, che non è stata invitata all’evento dai responsabili di Libera. “Non sto andando a Messina ma a Naro – afferma in un video nel quale mostra la propria comprensibile delusione, Chicco Alfano, figlio del noto giornalista ucciso dalla mafia – perché Libera per l’ennesimo anno ha pensato bene di non invitare me e la mia famiglia”. “Va bene così – continua il video – sono dieci anni, ce ne siamo fatti una ragione”.

Questa incomprensibile decisione dell’associazione antimafia è inevitabilmente una macchia che pesa sull’intera giornata, un alone che offusca un po’ la bellezza dei volti sorridenti dei tanti giovani che hanno raggiunto la  piazza cantando “i 100 passi”  e rende un po’ più difficile sperare che queste iniziative siano davvero efficaci, che riescano davvero a rieducare gli italiani così che quel triste elenco, macchiato di sangue e lacrime, non debba diventare più lungo.

Anna Serrapelle -ilmegafono.org