Questa è una lettera che io, giovane senegalese, sento di dover scrivere e di rivolgere soprattutto ai giovani di tutto il mondo.

Siate al servizio della vita sotto tutti i suoi aspetti. Certo, che si tratti di individui, di nazioni, di razze o di culture, noi siamo tutti differenti gli uni dagli altri, ma abbiamo tutti anche qualcosa di simile ed è ciò che bisogna cercare per potersi riconoscere nell’altro e dialogare con lui. In questo modo, allora, le nostre differenze, invece di separarci, diventeranno complementarietà e sorgente di arricchimento reciproco. Così come la bellezza di un tappeto deriva dalla varietà dei suoi colori, la diversità degli uomini, delle culture e delle civiltà crea la bellezza e la ricchezza del mondo.

Quanto noioso e monotono sarebbe un mondo uniforme, nel quale tutti gli uomini, ricalcati su uno stesso modello, pensassero e vivessero alla stessa maniera! Non avendo più niente da scoprire o imparare dagli altri, come potrebbero arricchirsi da sé? Nella nostra epoca così colma di minacce di ogni sorta, gli uomini dovrebbero mettere l’accento non più su ciò che li divide, ma su ciò che essi hanno in comune, nel rispetto dell’identità di ciascuno. L’incontro e l’ascolto dell’altro sono sempre più arricchenti, anche per la fioritura della propria identità, che i conflitti e le discussioni sterili finalizzate a imporre il proprio punto di vista.

In questo mondo moderno, nessuno può più rifugiarsi dentro la propria torre d’avorio. Tutti gli stati, che siano essi forti o deboli, ricchi o poveri, sono ormai interdipendenti: se non altro sul piano economico o di fronte alle dannose conseguenze di una guerra internazionale. Che lo vogliano o no, gli uomini sono dunque imbarcati su una stessa barca: basta che un uragano si alzi e tutto il mondo, nello stesso momento, si troverà minacciato e in pericolo. C’è poi da chiedersi: i nostri uomini politici di oggi, ad eccezione di qualcuno, sono dei grandi uomini? Ho qualche dubbio: essi in realtà fanno della politica una impresa sanguinante. Affamano i nostri popoli, esiliano la nostra classe dirigente, seminano la morte.

Non sarebbe meglio, allora, provare a comprendersi e aiutarsi a vicenda prima che sia troppo tardi? Ai giorni nostri, l’umanità è come una grande fabbrica dove si lavora in catena di montaggio: ogni pezzo, piccolo o grande, ha un ruolo definito da giocare, che può condizionare il buon andamento di tutta la fabbrica. Abbiamo bisogno di questa reciproca collaborazione. Vorrei, allora, terminare questa mia riflessione, augurando anche che vi sia una migliore religione, che vada in una direzione di pace e reciproca comprensione, e salutando tutti voi che mi leggete con la certezza della mia sincera amicizia.

Yoro Ndao –il megafono.org