È un giorno come gli altri a Lima, un giorno di inizio febbraio, siamo in piena estate e verso ora di pranzo si boccheggia. Nelle strade della capitale, il caos quotidiano regna con tranquillità, studenti corrono con le loro borse, casalinghe fanno la spesa, si vedono più taxi che auto nella strada. Passeggiando per una via centrale spunta un palazzo di vetro, splendente, riflette la luce quasi con violenza. Al suo ingresso, a distanza, si nota una piccola folla di persone, tutte vestite di bianco che, agitate, urlano qualcosa in coro. Avvicinandosi si nota che hanno la lettera A cerchiata di rosso sulle magliette: sono manifestanti. Decido di andare dal giornalaio vicino e gli chiedo chi è il politico in questione. Mi risponde che “è uno uguale agli altri”.

Il candidato è Cesar Acuna, proprietario di 3 centri universitari, oltre che di radio, giornali, una squadra di calcio e altre attività. Un uomo che guadagna qualcosa come 12 milioni di euro all’anno, in Perù. Accusato di plagio della sua tesi di dottorato, cerca di diventare presidente in aprile. Attualmente è dato al 7/9%.

È solo uno dei tanti candidati per le presidenziali di aprile che sta rincorrendo quella che è indicata come la vincente da tutti i sondaggi: Keiko Fujimori. Una donna, figlia di un pregiudicato internazionale attualmente in carcere: il golpista Alberto Fujimori. Un uomo che, oltre ad essere accusato di omicidio, violazione dei diritti umani e corruzione, è accusato anche di aver esercitato violenza sulla moglie. La sua vera first lady, negli anni del suo governo sanguinario (1990-2000), era proprio la figlia, quella che ora è prima in tutti i sondaggi, al 33%, con grande distacco su tutti.

Dire cosa potrebbe succedere al paese in caso di vittoria di Keiko è un po’ come rivelare il finale di un film horror americano. Lo sappiamo già. Nei bar la gente scherza dicendo che tirerà fuori il padre dalla galera (è attualmente rinchiuso in una villa ad alta sorveglianza dove in ogni caso riesce a incontrare impresari di ogni genere per supportare la campagna della figlia). Se tirerà fuori il padre dal carcere non lo sappiamo, ma possiamo stare tranquilli che Keiko continuerà con la politica iperliberista paterna, ovvero, regalare praterie di assenza legislativa a chi vorrà venire nel paese e sfruttare l’estrazione di minerali, come l’oro o l’argento.

A seguire, con una scalata sorprendente (un balzo dell’8% in un solo mese), c’è un tale Julio Guzman, ora al 16%. Todos por el Perù si chiama il suo partito e i pochi giornali indipendenti, spesso facenti capo a giornalisti altrettanto indipendenti, lo chiamano il candidato degli USA e di Israele. Economista favorevole al recentemente sottoscritto trattato TPP, in ottimi rapporti con Gerusalemme e Washington, egli tenta di battere l’establishment di Fujimori. La carovana prosegue con Pedro Pablo Kuczynski, all’11/13%, cugino dal lato materno del famoso regista francese Jean-Luc Godard. Uomo di destra nazionale, da sempre impegnato nel settore minerario e in genere, come manager, in grandi multinazionali straniere, ed attualmente terzo nei sondaggi.

Nelle strade la gente non sa dirti chi è di destra e chi di sinistra, non hanno questa differenza, se gli chiedi “chi vince?” ti rispondono “speriamo non Keiko”. I candidati che non siano corrotti o invischiati con grandi lobby internazionali, che non hanno interessi nell’estrazione aurifera o simili, sono dati al 3%, come il Frente Amplio di Veronika Mendoza. Gruppi di ispirazione socialista che non hanno palazzi di vetro nella capitale ma che fanno comizi anche ai confini del Perù, in quei villaggi dove è più probabile trovare un campo di calcio che una chiesa.

L’elenco dei candidati potrebbe continuare, sono tanti, qualcosa come 12, e tra quelli più forti non si riesce a individuarne neanche uno che possa ispirare fiducia per la sua storia personale e politica. Il governo uscente, pur avendo lavorato per la formalizzazione delle miniere, sembra non esserci riuscito concretamente. Molti parlano di azioni di facciata per via delle pressioni internazionali. Ollanta Humala lascia il Perù in condizioni abbastanza simili a quelle precedenti alle sue elezioni, oltre ad aver firmato, il 4 febbraio, il TPP, il fratello dell’europeo TTIP. Un trattato che permetterà agi USA di invadere le economie che l’hanno sottoscritto come quelle di Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam.

Stiamo parlando di un paese che ha 30 milioni di abitanti, di cui 9 milioni solo a Lima. Il paese è immenso geograficamente ma poco popoloso e, nelle zone del sud, dove l’attività mineraria abusiva è maggiore che al nord, si dice addirittura che i gruppi terroristici come il Sendero Luminoso siano ancora attivi, anche se con un profilo molto più basso rispetto al ventennio 1980-2000. Anni in cui, nel paese, gruppi come questi facevano la lotta armata alla corruzione e al regime, perché anche la sofferenza trovò un limite e, nel Perù, fame e povertà estrema trovarono rifugio nei gruppi armati di estrema sinistra. Si parla di una nazione il cui gas costa di più al proprio interno che all’estero dove lo si esporta. Un paese in cui ci sono 4,5 milioni di bambini sotto gli 11 anni che vivono sotto la soglia di povertà secondo l’UNICEF. La violenza domestica tocca percentuali altissime, per i minori è al 30% e più.

Un paese commercialmente e finanziariamente dipendente dall’occidente. Con un sistema bancario debole che non riesce a favorire gli investimenti. Il narcotraffico è tra le attività illecite più potenti e spesso le stesse famiglie gestiscono anche miniere abusive. Il paese dove nacquero gli Inca è tra i maggiori produttori di cocaina la mondo e il 60% di quella prodotta va dritta in Europa, grazie anche alla ottima relazione che mafie come la ’ndrangheta hanno con i cartelli sudamericani. Le elezioni presidenziali di aprile sembrano già un’occasione persa per un rinnovamento forte del paese. La corruzione dilaga nella polizia e nella burocrazia pubblica. Per avere un visto nuovo bastano 100 soles, dicono molti, vale a dire poco meno di 35€.

Tutto questo molti peruviani non lo sanno, come molti non sanno che stanno bevendo acqua contaminata o che stanno respirando cianuro per colpa dell’estrazione mineraria. I contadini non sanno che il loro terreno vale molto di più di quel che gli viene offerto quando una miniera, con metodi intimidatori, chiede di acquistare i loro terreni. Non lo sanno, oppure lo sanno ma han perso la speranza negli abissi della miseria, materiale e umana. Tutto questo lo sanno però quel manipolo di uomini e donne di buona volontà che continuano a non mollare, ad organizzare eventi sulla diffusione dei dati dell’acqua potabile, anche se sono eventi da 50 ospiti. Lo sanno Organizzazioni cattoliche e socialiste, sindacati di base, avvocati illuminati, semplici cittadini, e volontari occidentali, che non abbassano la guardia.

Lottano, continuano, non si fermano, anche se il loro gruppo è dato al 3% e non ha minima possibilità di vincere, i comizi proseguono, senza sosta, con spirito, con bellezza e fervore. Comitati con donne indipendenti, con uomini onesti. In questo Stato, le piccole rivoluzioni si consumano ogni giorno, anche se non passeranno in tv. E si continuerà perchè Milagros, Juan Carlos, Jover e tanti altri bambini che studiano con passione e interesse hanno diritto a vivere nel loro paese senza paura e senza timori. Chiunque vincerà ad aprile potrà stare sicuro di trovare ancora chi chiederà la formalizzazione delle miniere, chi ancora diffonderà i dati dell’acqua contaminata e chi ancora insegnerà ai bambini e alle donne i loro diritti.

È il paese di Cesar Vallejo, il primo poeta che riuscì ad emancipare la letteratura sudamericana dallo stile coloniale degli spagnoli, donandole una identità propria, offrendo al Perù una indipendenza letteraria e poetica. Nella sua poesia “Massa”, egli immagina che soltanto quando tutti gli uomini del mondo si uniranno, allora, il moribondo combattente si rialzerà e non morirà.

Italo Angelo Petrone -ilmegafono.org

Massa  – di Cesar Vallejo

Fine della battaglia,
è morto il combattente, ed ecco da lui un uomo
a dirgli: «Non morire! T’amo tanto!».
Ma, ahimè, la salma continuò a morire.

Si avvicinaron due e gli ripeterono:
«Non ci lasciare! Forza! Torna in vita!»
Ma, ahimè, la salma continuò a morire.

Corsero da lui venti, cento, mille, ottomila
gridando: «Tanto amore, e non poter niente contro la morte!»
Ma, ahimè, la salma continuò a morire.

Attorno a lui milioni di individui,
che insieme pregano: «Resta, fratello!»
Ma, ahimè, la salma continuò a morire.

Allora, tutti gli uomini della terra
furono intorno; li vide la salma triste, emozionata;
si rialzò dunque lentamente,
abbracciò il primo uomo: e camminò…