Rocco Zito, ex boss della ’ndrangheta canadese, è stato ucciso a Toronto all’età di 87 anni, dopo più di mezzo secolo di vita criminale. Ad ucciderlo è stato il cognato, Domenico Scopelliti, il quale si è consegnato alle forze dell’ordine qualche ora dopo l’omicidio. La morte del boss calabrese non rientra tra i semplici fatti di cronaca; è, al contrario, un fatto molto importante che merita un’attenta riflessione e un’indagine precisa, sebbene al momento gli inquirenti l’abbiano bollata come “dramma familiare”.

In realtà, la storia di Rocco Zito è colma di guerre di mafia, accuse e condanne varie e numerosi omicidi: secondo Antonio Nicaso, un esperto di ’ndragheta, Zito era un “esecutore molto violento” e personaggio diverso dai boss di oggi che tentano in ogni modo di ostentare la propria ricchezza. Era un grosso calibro, un capo finito male, quando per gli inquirenti sembrava ormai fuori dal giro. Forse però non era del tutto così. Ma scopriamo chi era Rocco Zito.

La sua carriera all’interno della criminalità organizzata calabrese nasce intorno ai primi anni ’60, quando lo stesso, dopo due tentativi falliti di emigrare negli Stati Uniti, decide di raggiungere il Canada e stabilirsi definitivamente lì. In realtà, Zito aveva già capito cosa significasse la mafia qualche anno prima, nel corso di una sanguinosissima guerra di mafia che aveva coinvolto la provincia di Reggio Calabria e nella quale aveva perso la vita il fratello Giuseppe. Una volta giunto in Canada, Zito entra a far parte della “Camera di controllo”, ovvero un organismo organizzativo che prendeva le direttive dalla casa madre calabrese.

In poche parole, la Camera non era altro che un gruppo di boss ed esponenti mafiosi che agivano secondo i voleri dei capi residenti in Italia. Gli inquirenti canadesi scoprono l’esistenza di questa organizzazione nel 1968, mentre Zito, che ufficialmente era un venditore di piastrelle, viene pizzicato in un albergo, nel 1970, con l’allora boss di New York Sergio Gambino, durante una riunione sul traffico di eroina tra gli Stati Uniti e il Canada. È l’inizio di una lunga lotta tra il boss calabrese e la giustizia canadese. È da allora, infatti, che emergono i reali interessi di Zito: gioco d’azzardo, contrabbando, traffico di droga, omicidi. Tutte pratiche rigorosamente di stampo mafioso che, sebbene l’abbiano reso uno degli uomini più potenti e più ricchi dell’epoca, non sono bastate alle forze dell’ordine per incastrarlo una volta per tutte.

Nel 1986 è il turno di un’accusa per l’omicidio dell’usuraio Rosario Sciarrino: secondo le forze dell’ordine, dopo un violento pestaggio, il corpo di Sciarrino sarebbe stato congelato, fatto a pezzi e poi ritrovato in diverse buste dell’immondizia. Un’esecuzione terribile, un delitto che ha del fantascientifico, eppure questo era Zito, questo era uno dei boss più potenti e spietati della mafia calabrese.

Nonostante tutto, le uniche condanne ricevute durante la lunghissima carriera di boss sono state quelle di contrabbando e ricettazione, a dimostrazione del fatto che un’attenzione maggiore da parte degli inquirenti canadesi avrebbe certamente evitato l’ascesa di un uomo tanto potente. Rocco Zito avrebbe abbandonato la scena del crimine nel 2008, ma adesso la sua morte rischia di far emergere particolari novità sconosciute al pubblico. Che il boss mafioso fosse al centro di una faida tra famiglie mafiose? Possibile che, dopo tutti questi anni, Zito fosse ancora presente negli ambiti della criminalità organizzata e avesse un potere tanto forte da deciderne le sorti? Agli inquirenti occupati del caso l’onere di scoprire la verità.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org